SEGUE DALLA
PAGINA PRECEDENTE (Sicurezza del lavoro):
3. Nei riguardi dei lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, nonché
dei lavoratori con rapporto contrattuale privato di portierato, le norme del presente
decreto si applicano nei casi espressamente previsti.
4. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano nelle regioni a statuto
speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi
statuti e relative norme di attuazione.
4-bis. Il datore di lavoro che esercita le attività di cui ai commi 1, 2, 3 e
4 e, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i preposti
che dirigono o sovraintendono le stesse attività, sono tenuti all'osservanza delle
disposizioni del presente decreto.
4-ter. Nell'ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto, il datore
di lavoro non può delegare quelli previsti dall'art. 4, commi 1, 2, 4, lettera
a), e 11, primo periodo.
Art. 2.
Definizioni
1. L'art. 2 del decreto legislativo n. 626/1994, è sostituito dal seguente:
"Art. 2 (Definizioni). - 1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente
decreto si intendono per:
a) lavoratore: persona che presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore
di lavoro, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari, con rapporto
di lavoro subordinato anche speciale. Sono equiparati i soci lavoratori di cooperative
o di società, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società
e degli enti stessi, e gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione
scolastica, universitaria e professionale avviati presso datori di lavoro per
agevolare o per perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì equiparati
gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari e i partecipanti a corsi
di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, macchine, apparecchi
ed attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici. I soggetti
di cui al precedente periodo non vengono computati ai fini della determinazione
del numero dei lavoratori dal quale il presente decreto fa discendere particolari
obblighi;
b) datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore
o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'organizzazione dell'impresa,
ha la responsabilità dell'impresa stessa ovvero dell'unità produttiva, quale definita
ai sensi della lettera i), in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa.
Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo
3 febbraio 1993, n. 29, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale
spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale,
nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia
gestionale;
c) servizio di prevenzione e protezione dai rischi: insieme delle persone, sistemi
e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione
e protezione dai rischi professionali nell'azienda, ovvero unità produttiva;
d) medico competente: medico in possesso di uno dei seguenti titoli:
1) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori
e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia
ed igiene del lavoro o in clinica del lavoro ed altre specializzazioni individuate,
ove necessario, con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro
dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica;
2) docenza o libera docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei
lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale
o in fisiologia ed igiene del lavoro;
3) autorizzazione di cui all'art. 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n.
277; e) responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona designata
dal datore di lavoro in possesso di attitudini e capacità adeguate;
f) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero persone, eletta
o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della
salute e della sicurezza durante il lavoro, di seguito denominato rappresentante
per la sicurezza;
g) prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure adottate o previste in
tutte le fasi dell'attività lavorativa per evitare o diminuire i rischi professionali
nel rispetto della salute della popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno;
h) agente: l'agente chimico, fisico o biologico, presente durante il lavoro e
potenzialmente dannoso per la salute;
i) unità produttiva: stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni
o servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico funzionale.
Art. 3.
Misure generali di tutela
1. Le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori
sono:
a) valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza;
b) eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso
tecnico e, ove ciò non é possibile, loro riduzione al minimo;
c) riduzione dei rischi alla fonte;
d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra in modo
coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative
dell'azienda nonché l'influenza dei fattori dell'ambiente di lavoro;
e) sostituzione di ciò che é pericoloso con ciò che non lo é, o é meno pericoloso;
f) rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella
scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione,
anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo;
g) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione
individuale;
h) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere,
esposti al rischio;
i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici, sui luoghi di lavoro;
l) controllo sanitario dei lavoratori in funzione dei rischi specifici;
m) allontanamento del lavoratore dall'esposizione a rischio, per motivi sanitari
inerenti la sua persona;
n) misure igieniche;
o) misure di protezione collettiva ed individuale;
p) misure di emergenza da attuare in caso di pronto soccorso, di lotta antincendio,
di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave ed immediato;
q) uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
r) regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con
particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione
dei fabbricanti;
s) informazione, formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero
dei loro rappresentanti, sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute
sul luogo di lavoro;
t) istruzioni adeguate ai lavoratori.
2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene ed alla salute durante il lavoro
non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.
Art. 4.
Obblighi del datore di lavoro del dirigente e del preposto
1. L'art. 4 del decreto legislativo n. 626/1994, è sostituito dal seguente:
"Art. 4 (Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto). -
1. Il datore di lavoro, in relazione alla natura dell'attività dell'azienda ovvero
dell'unità produttiva, valuta, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle
sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi
di lavoro, i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi
quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.
2. All'esito della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora
un documento contenente:
a) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante
il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione
stessa;
b) l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi
di protezione individuale, conseguente alla valutazione di cui alla lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento
nel tempo dei livelli di sicurezza.
3. Il documento è custodito presso l'azienda ovvero l'unità produttiva.
4. Il datore di lavoro:
a) designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno o
esterno all'azienda secondo le regole di cui all'art. 8;
b) designa gli addetti al servizio di prevenzione e protezione interno o esterno
all'azienda secondo le regole di cui all'art. 8;
c) nomina, nei casi previsti dall'art. 16, il medico competente.
5. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per la sicurezza e la salute
dei lavoratori, e in particolare:
a) designa preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure
di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso
di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque,
di gestione dell'emergenza;
b) aggiorna le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e
produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro,
ovvero in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della
protezione;
c) nell'affidare i compiti ai lavoratori tiene conto delle capacità e delle condizioni
degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;
d) fornisce ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale,
sentito il responsabile del servizio di prevenzione e protezione;
e) prende le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto
adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e
specifico;
f) richiede l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti,
nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro
e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali
messi a loro disposizione;
g) richiede l'osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti
dal presente decreto, informandolo sui processi e sui rischi connessi all'attività
produttiva;
h) adotta le misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza
e dà istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed
inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
i) informa il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo
grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere
in materia di protezione;
l) si astiene, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori
di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un
pericolo grave e immediato;
m) permette ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza,
l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute e consente
al rappresentante per la sicurezza di accedere alle informazioni ed alla documentazione
aziendale di cui all'art. 19, comma 1, lettera e);
n) prende appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate
possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente
esterno;
o) tiene un registro nel quale sono annotati cronologicamente gli infortuni sul
lavoro che comportano un'assenza dal lavoro di almeno un giorno. Nel registro
sono annotati il nome, il cognome, la qualifica professionale dell'infortunato,
le cause e le circostanze dell'infortunio, nonché la data di abbandono e di ripresa
del lavoro. Il registro è redatto conformemente al modello approvato con decreto
del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione consultiva
permanente, di cui all'art. 393 del decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1955, n. 547, e successive modifiche, ed è conservato sul luogo di lavoro,
a disposizione dell'organo di vigilanza. Fino all'emanazione di tale decreto il
registro è redatto in conformità ai modelli già disciplinati dalle leggi vigenti;
p) consulta il rappresentante per la sicurezza nei casi previsti dall'art. 19,
comma 1, lettere b), c) e d); q) adotta le misure necessarie ai fini della prevenzione
incendi e dell'evacuazione dei lavoratori, nonché per il caso di pericolo grave
e immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle
dimensioni dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, e al numero delle persone
presenti.
6. Il datore di lavoro effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora il
documento di cui al comma 2 in collaborazione con il responsabile del servizio
di prevenzione e protezione e con il medico competente nei casi in cui sia obbligatoria
la sorveglianza sanitaria, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
7. La valutazione di cui al comma 1 e il documento di cui al comma 2 sono rielaborati
in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della
sicurezza e della salute dei lavoratori.
8. Il datore di lavoro custodisce, presso l'azienda ovvero l'unità produttiva,
la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria,
con salvaguardia del segreto professionale, e ne consegna copia al lavoratore
stesso al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso
ne fa richiesta.
9. Per le piccole e medie aziende, con uno o più decreti da emanarsi entro il
31 marzo 1996 da parte dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria,
del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione consultiva
permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, in relazione
alla natura dei rischi e alle dimensioni dell'azienda, sono definite procedure
standardizzate per gli adempimenti documentali di cui al presente articolo. Tali
disposizioni non si applicano alle attività industriali di cui all'art. 1 del
decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche,
soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6
del decreto stesso, alle centrali, termoelettriche, agli impianti e laboratori
nucleari, alle aziende estrattive ed altre attività minerarie, alle aziende per
la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, e alle
strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
10. Per le medesime aziende di cui al comma 9, primo periodo, con uno o più decreti
dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria, del commercio
e dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente
per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, possono essere altresì
definiti:
a) i casi relativi a ipotesi di scarsa pericolosità, nei quali è possibile lo
svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e protezione in aziende ovvero
unità produttive che impiegano un numero di addetti superiore a quello indicato
nell'allegato I;
b) i casi in cui è possibile la riduzione a una sola volta all'anno della visita
di cui all'art. 17, lettera h), degli ambienti di lavoro da parte del medico competente,
ferma restando l'obbligatorietà di visite ulteriori, allorché si modificano le
situazioni di rischio.
11. Fatta eccezione per le aziende indicate nella nota (1) dell'allegato I, il
datore di lavoro delle aziende familiari, nonché delle aziende che occupano fino
a dieci addetti non è soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e 3, ma è tenuto
comunque ad autocertificare per iscritto l'avvenuta effettuazione della valutazione
dei rischi e l'adempimento degli obblighi ad essa collegati. L'autocertificazione
deve essere inviata al rappresentante per la sicurezza. Sono in ogni caso soggette
agli obblighi di cui ai commi 2 e 3 le aziende familiari nonché le aziende che
occupano fino a dieci addetti, soggette a particolari fattori di rischio, individuate
nell'ambito di specifici settori produttivi con uno o più decreti del Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità,
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, delle risorse agricole alimentari
e forestali e dell'interno, per quanto di rispettiva competenza.
12. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari
per assicurare, ai sensi del presente decreto, la sicurezza dei locali e degli
edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi
comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione
tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione.
In tal caso gli obblighi previsti dal presente decreto, relativamente ai predetti
interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti
agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione
competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.
Art. 5.
Obblighi dei lavoratori
1. Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria
salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono
ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione
ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. In particolare i lavoratori:
a) osservano le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai
dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;
b) utilizzano correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le
sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature
di lavoro, nonché i dispositivi di sicurezza;
c) utilizzano in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
d) segnalano immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le
deficienze dei mezzi e dispositivi di cui alle lettere b) e c), nonché le altre
eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente,
in caso di urgenza, nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare
o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza;
e) non rimuovono o modificano senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza
o di segnalazione o di controllo;
f) non compiono di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro
competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
g) si sottopongono ai controlli sanitari previsti nei loro confronti;
h) contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento
di tutti gli obblighi imposti dall'autorità competente o comunque necessari per
tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro.
Art. 6.
Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli installatori
1. I progettisti dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi
generali di prevenzione in materia di sicurezza e di salute al momento delle scelte
progettuali e tecniche e scelgono macchine nonché dispositivi di protezione rispondenti
ai requisiti essenziali di sicurezza previsti nella disposizioni legislative e
regolamentari vigenti.
2. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in
uso di macchine, di attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alle
disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza. Chiunque
concede in locazione finanziaria beni assoggettati a forme di certificazione o
di omologazione obbligatoria è tenuto a che gli stessi siano accompagnati dalle
previste certificazioni o dagli altri documenti previsti dalla legge.
3. Gli installatori e montatori di impianti, macchine o altri mezzi tecnici devono
attenersi alle norme di sicurezza e di igiene del lavoro, nonché alle istruzioni
fornite dai rispettivi fabbricanti dei macchinari e degli altri mezzi tecnici
per la parte di loro competenza.
Art. 7.
Contratto di appalto o contratto d'opera
1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori all'interno dell'azienda,
ovvero dell'unità produttiva, ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi:
a) verifica, anche attraverso l'iscrizione alla camera di commercio, industria
e artigianato, l'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei
lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto
d'opera; b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi
specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure
di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1 i datori di lavoro:
a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi
sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto;
b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti
i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti
alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione
dell'opera complessiva.
3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento
di cui al comma 2. Tale obbligo non si estende ai rischi specifici propri dell'attività
delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.
Capo II
Servizio di prevenzione e protezione
Art. 8.
Servizio di prevenzione e protezione
1. Salvo quanto previsto dall'art. 10, il datore di lavoro organizza all'interno
dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, il servizio di prevenzione e protezione,
o incarica persone o servizi esterni all'azienda, secondo le regole di cui al
presente articolo.
2. Il datore di lavoro designa all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva,
una o più persone da lui dipendenti per l'espletamento dei compiti di cui all'articolo
9, tra cui il responsabile del servizio in possesso di attitudini e capacità adeguate,
previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
3. I dipendenti di cui al comma 2 devono essere in numero sufficiente, possedere
le capacità necessarie e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento
dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa dell'attività
svolta nell'espletamento del proprio incarico.
4. Salvo quanto previsto dal comma 2, il datore di lavoro può avvalersi di persone
esterne all'azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie per
integrare l'azione di prevenzione o protezione.
5. L'organizzazione del servizio di prevenzione e protezione all'interno dell'azienda,
ovvero dell'unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:
a) nelle aziende industriali di cui all'art. 1 del decreto del Presidente della
Repubblica 17 maggio 1988, n. 175 e successive modifiche, soggette all'obbligo
di dichiarazione o notifica, ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso;
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti e laboratori nucleari;
d) nelle aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri
e munizioni;
e) nelle aziende industriali con oltre duecento dipendenti;
f) nelle industrie estrattive con oltre cinquanta lavoratori dipendenti;
g) nelle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
6. Salvo quanto previsto dal comma 5, se le capacità dei dipendenti all'interno
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva sono insufficienti, il datore di lavoro
può far ricorso a persone o servizi esterni all'azienda, previa consultazione
del rappresentante per la sicurezza.
7. Il servizio esterno deve essere adeguato alle caratteristiche dell'azienda,
ovvero unità produttiva, a favore della quale è chiamato a prestare la propria
opera, anche con riferimento al numero degli operatori. 8. Il responsabile del
servizio esterno deve possedere attitudini e capacità adeguate.
9. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con decreto di concerto
con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
sentita la commissione consultiva permanente, può individuare specifici requisiti,
modalità e procedure, per la certificazione dei servizi, nonché il numero minimo
degli operatori di cui ai commi 3 e 7.
10. Qualora il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni egli non è
per questo liberato dalla propria responsabilità in materia.
11. Il datore di lavoro comunica all'ispettorato del lavoro e alle unità sanitarie
locali territorialmente competenti il nominativo della persona designata come
responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno ovvero esterno all'azienda.
Tale comunicazione è corredata da una dichiarazione nella quale si attesti con
riferimento alle persone designate:
a) i compiti svolti in materia di prevenzione e protezione;
b) il periodo nel quale tali compiti sono stati svolti;
c) il curriculum professionale.
Art. 9.
Compiti del servizio di prevenzione e protezione
1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:
a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all'individuazione
delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto
della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione
aziendale;
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive e
i sistemi di cui all'art. 4, comma 2, lettera b) e i sistemi di controllo di tali
misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e di sicurezza
di cui all'art. 11;
f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all'art. 21.
2. Il datore di lavoro fornisce ai servizi di prevenzione e protezione informazioni
in merito a:
a) la natura dei rischi;
b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure
preventive e protettive;
c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d) i dati del registro degli infortuni e delle malattie professionali;
e) le prescrizioni degli organi di vigilanza.
3. I componenti del servizio di prevenzione e protezione e i rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi
di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni di cui al presente decreto.
4. Il servizio di prevenzione e protezione é utilizzato dal datore di lavoro.
Art. 10.
Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e
protezione dai rischi
1. Il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del servizio
di prevenzione e protezione dai rischi nonché di prevenzione incendi e di evacuazione,
nei casi previsti nell'allegato I, dandone preventiva informazione al rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi successivi.
Esso può avvalersi della facoltà di cui all'art. 8, comma 4.
2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve
frequentare apposito corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul
luogo di lavoro, promosso anche dalle associazioni dei datori di lavoro e trasmettere
all'organo di vigilanza competente per territorio:
a) una dichiarazione attestante la capacità di svolgimento dei compiti di prevenzione
e protezione dai rischi;
b) una dichiarazione attestante gli adempimenti di cui all'art. 4, commi 1, 2,
3 e 11;
c) una relazione sull'andamento degli infortuni e delle malattie professionali
della propria azienda elaborata in base ai dati degli ultimi tre anni del registro
infortuni o, in mancanza dello stesso, di analoga documentazione prevista dalla
legislazione vigente;
d) l'attestazione di frequenza del corso di formazione in materia di sicurezza
e salute sul luogo di lavoro.
Art. 11.
Riunione periodica di prevenzione e protezione dai rischi
1. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano più di 15 dipendenti,
il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione
dai rischi, indice almeno una volta all'anno una riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
c) il medico competente ove previsto;
d) il rappresentante per la sicurezza.
2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei partecipanti:
a) il documento, di cui all'art. 4, commi 2 e 3;
b) l'idoneità dei mezzi di protezione individuale;
c) i programmi di informazione e formazione dei lavoratori ai fini della sicurezza
e della protezione della loro salute.
3. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni
delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e l'introduzione
di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori.
4. Nelle aziende, ovvero unità produttive, che occupano fino a 15 dipendenti,
nelle ipotesi di cui al comma 3, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
può chiedere la convocazione di una apposita riunione.
5. Il datore di lavoro, anche tramite il servizio di prevenzione e protezione
dai rischi, provvede alla redazione del verbale della riunione che é tenuto a
disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.
Capo III
Prevenzione incendi, evacuazione dei lavoratori, pronto soccorso
Art. 12.
Disposizioni generali
1. Ai fini degli adempimenti di cui all'art. 4, comma 5, lettera q), il datore
di lavoro:
a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia
di pronto soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza;
b) designa preventivamente i lavoratori incaricati di attuare le misure di cui
all'art. 4, comma 5, lettera a).
c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave
ed immediato circa le misure predisposte ed i comportamenti da adottare;
d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà istruzioni affinché i
lavoratori possano, in caso di pericolo grave ed immediato che non può essere
evitato, cessare la loro attività, ovvero mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente
il luogo di lavoro;
e) prende i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso di
pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza ovvero per quella di altre
persone e nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico,
possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo,
tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.
2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di lavoro
tiene conto delle dimensioni dell'azienda ovvero dei rischi specifici dell'azienda
ovvero dell'unità produttiva.
3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione.
Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature
adeguate, tenendo conto delle dimensioni ovvero dei rischi specifici dell'azienda
ovvero dell'unità produttiva.
4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi dal
chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro
in cui persiste un pericolo grave ed immediato.
Art. 13.
Prevenzione incendi
1. Fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica
29 luglio 1982, n. 577, i ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza
sociale, in relazione al tipo di attività, al numero dei lavoratori occupati ed
ai fattori di rischio, adottano uno o più decreti nei quali sono definiti:
a) i criteri diretti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio e a limitarne le conseguenze
qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio
di cui all'art. 12, compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione.
2. Per il settore minerario il decreto di cui al comma 1 é adottato dai ministri
dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e dell'industria, del commercio
e dell'artigianato.
Art. 14.
Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato
1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non può essere
evitato, si allontana dal posto di lavoro ovvero da una zona pericolosa, non può
subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.
2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell'impossibilità
di contattare il competente superiore gerarchico, prende misure per evitare le
conseguenze di tale pericolo, non può subire pregiudizio per tale azione, a meno
che non abbia commesso una grave negligenza.
Art. 15.
Pronto soccorso
1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura dell'attività e delle dimensioni
dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, sentito il medico competente ove previsto,
prende i provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso e di assistenza
medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui
luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche
per il trasporto dei lavoratori infortunati.
2. Il datore di lavoro, qualora non vi provveda direttamente, designa uno o più
lavoratori incaricati dell'attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1.
3. Le caratteristiche minime delle attrezzature di pronto soccorso, i requisiti
del personale addetto e la sua formazione sono individuati in relazione alla natura
dell'attività, al numero dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio, con
decreto dei ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale, della
funzione pubblica e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita
la commissione consultiva permanente e il consiglio superiore di sanità.
4. Fino all'emanazione del decreto di cui al comma 3 si applicano le disposizioni
vigenti in materia.
Capo IV
Sorveglianza sanitaria
Art. 16.
Contenuto della sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria é effettuata nei casi previsti dalla normativa vigente.
2. La sorveglianza di cui al comma 1 é effettuata dal medico competente e comprende:
a) accertamenti preventivi intesi a constatare l'assenza di controindicazioni
al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro
idoneità alla mansione specifica;
b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed
esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica.
3. Gli accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami clinici e biologici e
indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente.
Art. 17.
Il medico competente
1. Il medico competente:
a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione
di cui all'art. 8, sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione dell'azienda
ovvero dell'unità produttiva e delle situazioni di rischio, alla predisposizione
dell'attuazione delle misure per la tutela della salute e dell'integrità psico-fisica
dei lavoratori;
b) effettua gli accertamenti sanitari di cui all'art. 16;
c) esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica al lavoro, di cui all'art.
16;
d) istituisce ed aggiorna, sotto la propria responsabilità, per ogni lavoratore
sottoposto a sorveglianza sanitaria, una cartella sanitaria e di rischio da custodire
presso il datore di lavoro con salvaguardia del segreto professionale;
e) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato degli accertamenti sanitari
cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine,
sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione
dell'attività che comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta,
informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
f) informa ogni lavoratore interessato dei risultati degli accertamenti sanitari
di cui alla lettera b) e, a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione
sanitaria;
g) comunica, in occasione delle riunioni di cui all'art. 11, ai rappresentanti
per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi degli accertamenti clinici e
strumentali effettuati e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati;
h) congiuntamente al responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai
rischi, visita gli ambienti di lavoro almeno due volte all'anno e partecipa alla
programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli
sono forniti con tempestività ai fini delle valutazioni e dei pareri di competenza;
i) fatti salvi i controlli sanitari di cui alla lettera b), effettua le visite
mediche richieste dal lavoratore qualora tale richiesta sia correlata ai rischi
professionali;
l) collabora con il datore di lavoro alla predisposizione del servizio di pronto
soccorso di cui all'art. 15;
m) collabora all'attività di formazione e informazione di cui al capo VI.
2. Il medico competente può avvalersi, per motivate ragioni, della collaborazione
di medici specialisti scelti dal datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.
3. Qualora il medico competente, a seguito degli accertamenti di cui all'art.
16, comma 2, esprima un giudizio sull'inidoneità parziale o temporanea o totale
del lavoratore, ne informa per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.
4. Avverso il giudizio di cui al comma 3 è ammesso ricorso, entro trenta giorni
dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente
competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la
modifica o la revoca del giudizio stesso.
5. Il medico competente svolge la propria opera in qualità di: a) dipendente da
una struttura esterna pubblica o privata convenzionata con l'imprenditore per
lo svolgimento dei compiti di cui al presente capo; b) libero professionista;
c) dipendente del datore di lavoro.
6. Qualora il medico competente sia dipendente del datore di lavoro, questi gli
fornisce i mezzi e gli assicura le condizioni necessarie per lo svolgimento dei
suoi compiti.
7. Il dipendente di una struttura pubblica non può svolgere l'attività di medico
competente, qualora esplichi attività di vigilanza.
Capo V
Consultazione e partecipazione dei lavoratori
Art. 18.
Rappresentante per la sicurezza
1. In tutte le aziende, o unità produttive, é eletto o designato il rappresentante
per la sicurezza.
2. Nella aziende, o unità produttive, che occupano sino a 15 dipendenti il rappresentante
per la sicurezza é eletto direttamente dai lavoratori al loro interno. Nelle aziende
che occupano fino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza può essere
individuato per più aziende nell'ambito territoriale ovvero del comparto produttivo.
Esso può essere designato o eletto dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze
sindacali, così come definite dalla contrattazione collettiva di riferimento.
3. Nelle aziende, ovvero unità produttive, con più di 15 dipendenti il rappresentante
per la sicurezza é eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze
sindacali in azienda.
In assenza di tali rappresentanze, é eletto dai lavoratori dell'azienda al loro
interno.
4. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante per
la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento
delle funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.
5. In caso di mancato accordo nella contrattazione collettiva di cui al comma
4, il ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti, stabilisce
con proprio decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla comunicazione del mancato
accordo, gli standards relativi alle materie di cui al comma 4. Per le amministrazioni
pubbliche provvede il ministro per la funzione pubblica sentite le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
6. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 1 é il seguente:
a) un rappresentante nelle aziende ovvero unità produttive sino a 200 dipendenti;
b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unità produttive da 201 a 1000 dipendenti;
c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende ovvero unità produttive.
7. Le modalità e i contenuti specifici della formazione del rappresentante per
la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale di
categoria con il rispetto dei contenuti minimi previsti dal decreto di cui all'art.
22, comma 7.
Art. 19.
Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza
1. Il rappresentante per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) é consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei
rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione
nell'azienda ovvero unità produttiva;
c) é consultato sulla designazione degli addetti al servizio di prevenzione, all'attività
di prevenzione incendi, al pronto soccorso, alla evacuazione dei lavoratori;
d) é consultato in merito all'organizzazione della formazione di cui all'art.
22, comma 5;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione
dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti le sostanze
e i preparati pericolosi, le macchine, gli impianti, l'organizzazione e gli ambienti
di lavoro, gli infortuni e le malattie professionali;
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata, comunque non inferiore a quella prevista dall'art.
22;
h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione
idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità
competenti;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all'art. 11;
m) fa proposte in merito all'attività di prevenzione;
n) avverte il responsabile dell'azienda dei rischi individuati nel corso della
sua attività;
o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di
prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro e i mezzi impiegati
per attuarle non sono idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo
svolgimento dell'incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi necessari
per l'esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli.
3. Le modalità per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite
in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante per la sicurezza non può subire pregiudizio alcuno a causa
dello svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le
stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.
5. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso, per l'espletamento della sua
funzione, al documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, nonché al registro degli
infortuni sul lavoro di cui all'art. 4, comma 5, lettera o).
Art. 20.
Organismi paritetici
1. A livello territoriale sono costituiti organismi paritetici tra le organizzazioni
sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, con funzioni di orientamento
e di promozione di iniziative formative nei confronti dei lavoratori. Tali organismi
sono inoltre prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull'applicazione
dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme
vigenti.
2. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali o partecipativi
previsti da accordi interconfederali, di categoria, nazionali, territoriali o
aziendali.
3. Agli effetti dell'art. 10 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, gli
organismi di cui al comma 1 sono parificati alla rappresentanza indicata nel medesimo
articolo.
Capo VI
Informazione e formazione dei lavoratori
Art. 21.
Informazione dei lavoratori
1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva un'adeguata
informazione su:
a) i rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività dell'impresa in
generale;
b) le misure e le attività di protezione e prevenzione adottate;
c) i rischi specifici cui é esposto in relazione all'attività svolta, le normative
di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;
d) i pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla
base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle
norme di buona tecnica;
e) le procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione
dei lavoratori;
f) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ed il medico competente;
g) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli
12 e 15.
2. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettere a),
b), c), anche ai lavoratori di cui all'art. 1, comma 3.
Art. 22.
Formazione dei lavoratori
1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori
di cui all'art. 1, comma 3, riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia
di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro
ed alle proprie mansioni.
2. La formazione deve avvenire in occasione:
a) dell'assunzione;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di
nuove sostanze e preparati pericolosi.
3. La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione
dei rischi ovvero all'insorgenza di nuovi rischi.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare
in materia di salute e sicurezza, concernente la normativa in materia di sicurezza
e salute e i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza,
tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e
prevenzione dei rischi stessi.
5. I lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione incendi e lotta antincendio,
di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio,
di pronto soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza devono essere adeguatamente
formati.
6. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma
4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'art.
20, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei
lavoratori.
7. I Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, sentita la
commissione consultiva permanente, possono stabilire i contenuti minimi della
formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di
lavoro di cui all'art. 10, comma 3, tenendo anche conto delle dimensioni e della
tipologia delle imprese.
Capo VII
Disposizioni concernenti la pubblica amministrazione
Art. 23.
Vigilanza
1. La vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza e
salute nei luoghi di lavoro è svolta dall'unità sanitaria locale e, per quanto
di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché, per
il settore minerario, dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
e per le industrie estrattive di seconda categoria e le acque minerali e termali
dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla legislazione
vigente all'ispettorato del lavoro, per attività lavorative comportanti rischi
particolarmente elevati, da individuare con decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e
della sanità, sentita la Commissione consultiva permanente, l'attività di vigilanza
sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza può essere esercitata
anche dall'ispettorato del lavoro che ne informa preventivamente il servizio di
prevenzione e sicurezza dell'unità sanitaria locale competente per territorio.
3. Il decreto di cui al comma 2 è emanato entro dodici mesi dalla data di entrata
in vigore del presente decreto.
4. Restano ferme le competenze in materia di sicurezza e salute dei lavoratori
attribuite dalle disposizioni vigenti agli uffici di sanità aerea e marittima
ed alle autorità marittime, portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza
dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed aeroportuale,
ed ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le Forze
di polizia; i predetti servizi sono competenti altresì per le aree riservate o
operative e per quelle che presentano analoghe esigenze da individuarsi, anche
per quel che riguarda le modalità di attuazione, con decreto del Ministro competente
di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità.
L'Amministrazione della giustizia può avvalersi dei servizi istituiti per le Forze
armate e di polizia, anche mediante convenzione con i rispettivi ministeri, nonché
dei servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie.
Art. 24.
Informazione, consulenza, assistenza
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il Ministero dell'interno
tramite le strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'Istituto superiore
per la prevenzione e sicurezza sul lavoro, anche mediante i propri dipartimenti
periferici, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per mezzo degli
ispettorati del lavoro, il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
per il settore estrattivo, tramite gli uffici della direzione generale delle miniere,
l'Istituto italiano di medicina sociale, l'Istituto nazionale per l'assicurazione
contro gli infortuni sul lavoro e gli enti di patronato svolgono attività di informazione,
consulenza e assistenza in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro,
in particolare nei confronti delle imprese artigiane e delle piccole e medie imprese
delle rispettive associazioni dei datori di lavoro.
2. L'attività di consulenza non può essere prestata dai soggetti che svolgono
attività di controllo e di vigilanza.
Art. 25.
Coordinamento
1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi, su proposta dei Ministri
del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, sono individuati criteri al fine di assicurare unità ed omogeneità di
comportamenti in tutto il territorio nazionale nell'applicazione delle disposizioni
in materia di sicurezza e salute dei lavoratori e di radioprotezione.
Art. 26.
Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l'igiene
del lavoro
1. L'art. 393 del decreto del presidente della repubblica 27 aprile 1955, n. 547,
é sostituito dal seguente:
"art. 393 (costituzione della commissione). - 1. Presso il ministero del
lavoro e della previdenza sociale é istituita una commissione consultiva permanente
per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro. Essa é presieduta
dal ministro del lavoro e della previdenza sociale o dal direttore generale della
direzione generale dei rapporti di lavoro da lui delegato, ed é composta da:
a) cinque funzionari esperti designati dal ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di cui tre ispettori del lavoro, laureati uno in ingegneria, uno in medicina
e chirurgia e uno in chimica o fisica;
b) il direttore e tre funzionari dell'istituto superiore per la prevenzione e
sicurezza del lavoro;
c) un funzionario dell'istituto superiore di sanità;
d) un funzionario per ciascuno dei seguenti ministeri: sanità;
Industria, commercio ed artigianato; interno; funzione pubblica;
Trasporti; risorse agricole, alimentari e forestali; ambiente;
e) sei rappresentanti delle regioni e province autonome designati dalla conferenza
stato-regioni;
f) un rappresentante dei seguenti organismi: istituto nazionale assicurazioni
e infortuni sul lavoro; corpo nazionale dei vigili del fuoco; consiglio nazionale
delle ricerche; uni; cei; agenzia nazionale protezione ambiente;
g) quattro esperti nominati dal ministro del lavoro e della previdenza sociale
su designazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative
a livello nazionale;
h) quattro esperti nominati dal ministro del lavoro e della previdenza sociale
su designazione delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro maggiormente
rappresentative a livello nazionale;
i) un esperto nominato dal ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione
delle organizzazioni sindacali dei dirigenti d'azienda maggiormente rappresentative
a livello nazionale.
2. Per ogni rappresentante effettivo é designato un membro supplente.
3. All'inizio di ogni mandato la commissione può istituire comitati speciali permanenti
dei quali determina la composizione e la funzione.
4. La commissione può chiamare a far parte dei comitati di cui al comma 3 persone
particolarmente esperte, anche su designazione delle associazioni professionali,
dell'università e degli enti di ricerca, in relazione alle materie trattate.
5. Le funzioni inerenti alla segreteria della commissione sono disimpegnate da
due funzionari del ministero del lavoro e della previdenza sociale.
6. I componenti della commissione consultiva permanente ed i segretari sono nominati
con decreto del ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione
degli organismi competenti e durano in carica tre anni.".
2. L'art. 394 del decreto del presidente della repubblica 27 aprile 1955, n. 547,
é sostituito dal seguente:
"art. 394 (compiti della commissione). - 1. La commissione consultiva permanente
ha il compito di:
a) esaminare i problemi applicativi della normativa in materia di sicurezza e
salute sul posto di lavoro e predisporre una relazione annuale al riguardo;
b) formulare proposte per lo sviluppo e il perfezionamento della legislazione
vigente e per il suo coordinamento con altre disposizioni concernenti la sicurezza
e la protezione della salute dei lavoratori, nonché per il coordinamento degli
organi preposti alla vigilanza;
c) esaminare le problematiche evidenziate dai comitati regionali sulle misure
preventive e di controllo dei rischi adottate nei luoghi di lavoro;
d) proporre linee guida applicative della normativa di sicurezza;
e) esprimere parere sugli adeguamenti di natura strettamente tecnica relativi
alla normativa cee da attuare a livello nazionale;
f) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall'art. 48 del decreto
legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
g) esprimere parere sulle richieste di deroga previste dall'art. 8 del decreto
legislativo 25 gennaio 1992, n. 77;
h) esprimere parere sul riconoscimento di conformità alle prescrizioni per la
sicurezza e la salute dei lavoratori di norme tecniche;
i) esprimere il parere sui ricorsi avverso le disposizioni impartite dagli ispettori
del lavoro nell'esercizio della vigilanza, sulle attività comportanti rischi particolarmente
elevati, individuate ai sensi dell'art. 43, comma 1, lettera g), n. 4, della legge
19 febbraio 1991, n. 142, secondo le modalità di cui all'art. 402;
l) esprimere parere, su richiesta del ministero del lavoro e della previdenza
sociale o del ministero della sanità o delle regioni, su qualsiasi questione relativa
alla sicurezza del lavoro e alla protezione della salute dei lavoratori.
2. La relazione di cui al comma precedente, lettera a), é resa pubblica ed é trasmessa
alle commissioni parlamentari competenti ed ai presidenti delle regioni.
3. La commissione, per l'espletamento dei suoi compiti, può chiedere dati o promuovere
indagini e, su richiesta o autorizzazione del ministero del lavoro e della previdenza
sociale, effettuare sopralluoghi.".
3. L'art. 395 del decreto del presidente della repubblica 27 aprile 1995, n. 547,
é soppresso.
Art. 27.
Comitati regionali di coordinamento
1. Con atto di indirizzo e coordinamento, da emanarsi entro un anno dalla data
di entrata in vigore del presente decreto, sentita la conferenza stato - regioni,
su proposta dei ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità,
previa deliberazione del consiglio dei ministri, sono individuati criteri generali
relativi all'individuazione di organi operanti nella materia della sicurezza e
della salute sul luogo di lavoro al fine di realizzare uniformità di interventi
ed il necessario raccordo con la commissione consultiva permanente.
2. Alle riunioni della conferenza stato-regioni, convocate per i pareri di cui
al comma 1, partecipano i rappresentanti dell'ANCI, dell'UPI e dell'UNICEM.
Art. 28.
Adeguamenti al progresso tecnico
1. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto
con i Ministri della sanità e dell'industria, del commercio e dell'artigianato,
sentita la commissione consultiva permanente:
a) è riconosciuta la conformità alle vigenti norme per la sicurezza e la salute
dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza;
b) si dà attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute dei lavoratori
sul luogo di lavoro della Comunità europea per le parti in cui modificano modalità
esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di altre direttive già recepite
nell'ordinamento nazionale;
c) si provvede all'adeguamento della normativa di natura strettamente tecnica
e degli allegati al presente decreto in relazione al progresso tecnologico.
Capo VIII
Statistiche degli infortuni e delle malattie professionali
Art. 29.
Statistiche degli infortuni e delle malattie professionali
1. L'ISPESL e l'INAIL si forniscono reciprocamente i dati relativi agli infortuni
ed alle malattie professionali anche con strumenti telematici.
2. L'ISPESL e l'INAIL indicono una conferenza permanente di servizio per assicurare
il necessario coordinamento in relazione a quanto previsto dall'art. 8, comma
3, del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, nonché per verificare l'adeguatezza
dei sistemi di prevenzione ed assicurativi, e per studiare e proporre soluzioni
normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno degli infortuni e delle malattie
professionali.
3. I criteri per la raccolta ed elaborazione delle informazioni relative ai rischi
e ai danni derivanti da infortunio durante l'attività lavorativa sono individuati
nelle norme uni, riguardanti i parametri per la classificazione dei casi di infortunio,
ed i criteri per il calcolo degli indici di frequenza e gravità e loro successivi
aggiornamenti.
4. Con decreto del ministro del lavoro e della previdenza sociale e del ministro
della sanità, sentita la commissione consultiva permanente, possono essere individuati
criteri integrativi di quelli di cui al comma 3 in relazione a particolari rischi.
5. I criteri per la raccolta e l'elaborazione delle informazioni relative ai rischi
e ai danni derivanti dalle malattie professionali, nonché ad altre malattie e
forme patologiche eziologicamente collegate al lavoro, sono individuati con decreto
del ministro del lavoro e della previdenza sociale e del ministro della sanità,
sentita la commissione consultiva permanente, sulla base delle norme di buona
tecnica.
Titolo II
Luoghi di lavoro
Art. 30.
Definizioni
1. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono
per luoghi di lavoro:
a) i luoghi destinati a contenere posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda
ovvero dell'unità produttiva, nonché ogni altro luogo nell'area della medesima
azienda ovvero unità produttiva comunque accessibile per il lavoro.
2. Le disposizioni del presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o mobili;
c) alle industrie estrattive;
d) ai pescherecci;
e) ai campi, boschi e altri terreni facenti parte di una impresa agricola o forestale,
ma situati fuori dall'area edificata dell'azienda.
3. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti, le prescrizioni di sicurezza
e di salute per i luoghi di lavoro sono specificate nell'allegato II.
4. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di
eventuali lavoratori portatori di handicap.
5. L'obbligo di cui al comma 4 vige, in particolare, per le porte, le vie di circolazione,
le scale, le docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati od occupati direttamente
da lavoratori portatori di handicap.
6. La disposizione di cui al comma 4 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati
prima del 1 gennaio 1993, ma debbono essere adottate misure idonee a consentire
la mobilità e l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.
Art. 31.
Requisiti di sicurezza e di salute
1. Ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari vigenti e fatte
salve le disposizioni di cui all'art. 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517,
i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati anteriormente all'entrata in vigore
del presente decreto devono essere adeguati alle prescrizioni di sicurezza e salute
di cui al presente titolo entro il 1 gennaio 1997.
2. Se gli adeguamenti di cui al comma 1 richiedono un provvedimento concessorio
o autorizzatorio il datore di lavoro deve immediatamente iniziare il procedimento
diretto al rilascio dell'atto ed ottemperare agli obblighi entro sei mesi dalla
data del provvedimento stesso.
3. Sino a che i luoghi di lavoro non vengano adeguati, il datore di lavoro, previa
consultazione del rappresentante per la sicurezza, adotta misure alternative che
garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
4. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adeguamenti di cui al
comma 1, il datore di lavoro, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza,
adotta le misure alternative di cui al comma 3. Le misure, nel caso di cui al
presente comma, sono autorizzate dall'organo di vigilanza competente per territorio.
Art. 32.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro provvede affinché:
a) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite o ad uscite
di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne
l'utilizzazione in ogni evenienza;
b) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare
manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i
difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare
pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;
d) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione
dei pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro
funzionamento.
Art. 33.
Adeguamenti di norme
1. L'art. 13 del decreto del presidente della repubblica 27 aprile 1955, n. 547,
é sostituito dal seguente:
"art. 13 (vie e uscite di emergenza). - 1. Ai fini del presente decreto si
intende per:
a) via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone
che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro;
b) uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;
c) luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro dagli
effetti determinati dall'incendio o altre situazioni di emergenza.
2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di raggiungere
il più rapidamente possibile un luogo sicuro.
3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati rapidamente
e in piena sicurezza da parte dei lavoratori.
4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite di emergenza
devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro ubicazione,
alla loro destinazione d'uso, alle attrezzature in essi installate, nonché al
numero massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi.
5. Le vie e le uscite di emergenza devono avere altezza minima di m 2,0 e larghezza
minima conforme alla normativa vigente in materia antincendio.
6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono essere
apribili nel verso dell'esodo e, qualora siano chiuse, devono poter essere aperte
facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona che abbia bisogno di
utilizzarle in caso di emergenza.
7. Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave, se non
in casi specificamente autorizzati dall'autorità competente.
8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito é vietato adibire, quali
porte delle uscite di emergenza, le saracinesche a rullo, le porte scorrevoli
verticalmente e quelle girevoli su asse centrale.
9. Le vie e le uscite di emergenza, nonché le vie di circolazione e le porte che
vi danno accesso non devono essere ostruite da oggetti in modo da poter essere
utilizzate in ogni momento senza impedimenti.
10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita segnaletica,
conforme alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi appropriati.
11. Le vie e le uscite di emergenza che richiedono un'illuminazione devono essere
dotate di un'illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente, che entri in
funzione in caso di guasto dell'impianto elettrico.
12. Gli edifici che siano costruiti o adattati interamente per lavorazioni che
comportano un numero di lavoratori superiore a 25, ed in ogni caso quando le lavorazioni
ed i materiali ivi utilizzati presentino pericoli di esplosione o di incendio
e siano adibiti nello stesso locale più di 5 lavoratori, devono avere almeno due
scale distinte di facile accesso. Per gli edifici già costruiti si dovrà provvedere
in conformità, quando non ne esista la impossibilità accertata dall'organo di
vigilanza: in quest'ultimo caso sono disposte le misure e cautele ritenute più
efficienti.
13. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1 gennaio 1993 non si applica
la disposizione contenuta nel comma 4, ma gli stessi debbono avere un numero sufficiente
di vie ed uscite di emergenza.".
2. L'art. 14 del decreto del presidente della repubblica 27 aprile 1955, n. 547,
é sostituito dal seguente:
"art. 14 (porte e portoni). - 1. Le porte dei locali di lavoro devono, per
numero, dimensioni, posizione, e materiali di realizzazione, consentire una rapida
uscita delle persone ed essere agevolmente apribili dall'interno durante il lavoro.
2. Quando in un locale le lavorazioni ed i materiali comportino rischi di esplosione
e di incendio e siano adibiti alle attività che si svolgono nel locale stesso
più di 5 lavoratori, almeno una porta ogni 5 lavoratori deve essere apribile nel
verso dell'esodo ed avere larghezza minima di m 1,20.
3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle previste al comma
2, la larghezza minima delle porte é la seguente:
a) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano fino
a 25, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 0,90;
b) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in
numero compreso tra 26 e 50, il locale deve essere dotato di una porta avente
larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell'esodo;
c) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in
numero compreso tra 51 e 100, il locale deve essere dotato di una porta avente
larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m 0,90, che
si aprano entrambe nel verso dell'esodo;
d) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in
numero superiore a 100, in aggiunta alle porte previste alla lettera c) il locale
deve essere dotato di almeno 1 porta che si apra nel verso dell'esodo avente larghezza
minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione compresa
tra 10 e 50, calcolati limitatamente all'eccedenza rispetto a 100.
4. Il numero complessivo delle porte di cui al comma 3 può anche essere minore,
purché la loro larghezza complessiva non risulti inferiore.
5. Alle porte per le quali é prevista una larghezza minima di m 1,20 é applicabile
una tolleranza in meno del 5% (cinque per cento).
6. Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza di cui all'art. 13, comma
5, coincidono con le porte di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di
cui all'art. 13, comma 5.
7. Nei locali di lavoro ed in quelli adibiti a magazzino non sono ammesse le porte
scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte girevoli su asse centrale, quando
non esistano altre porte apribili verso l'esterno del locale.
8. Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente alla circolazione
dei veicoli devono esistere, a meno che il passaggio dei pedoni sia sicuro, porte
per la circolazione dei pedoni che devono essere segnalate in modo visibile ed
essere sgombre in permanenza.
9. Le porte e i portoni apribili nei due versi devono essere trasparenti o essere
muniti di pannelli trasparenti.
10. Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo all'altezza
degli occhi.
11. Se le superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei portoni non sono
costituite da materiali di sicurezza e c'é il rischio che i lavoratori possano
rimanere feriti in caso di rottura di dette superfici, queste devono essere protette
contro lo sfondamento.
12. Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca
loro di uscire dalle guide o di cadere.
13. Le porte ed i portoni che si aprono verso l'alto devono disporre di un sistema
di sicurezza che impedisca loro di ricadere.
14. Le porte ed i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare senza rischi
di infortuni per i lavoratori. Essi devono essere muniti di dispositivi di arresto
di emergenza facilmente identificabili ed accessibili e poter essere aperti anche
manualmente, salvo che la loro apertura possa avvenire automaticamente in caso
di mancanza di energia elettrica.
15. Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza devono essere contrassegnate
in maniera appropriata con segnaletica durevole conformemente alla normativa vigente.
Esse devono poter essere aperte, in ogni momento, dall'interno senza aiuto speciale.
16. Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter essere aperte.
17. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1 gennaio 1993 non si applicano
le disposizioni dei commi precedenti. I locali di lavoro e quelli adibiti a deposito
devono essere provvisti di porte di uscita che abbiano la larghezza di almeno
m 1,10 e che siano in numero non inferiore ad una per ogni 50 lavoratori normalmente
ivi occupati o frazione compresa fra 10 e 50. Il numero delle porte può anche
essere minore, purché la loro larghezza complessiva non risulti inferiore.".
3. L'art. 8 del decreto del presidente della repubblica 27 aprile 1955, n. 547,
é sostituito dal seguente:
"art. 8 (vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi). 1.
Le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di carico,
devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli possano
utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro destinazione
e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non
corrano alcun rischio.
2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone ovvero merci
dovrà basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo di impresa.
3. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto, dovrà
essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza sufficiente.
4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare ad una distanza
sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale.
5. Nella misura in cui l'uso e l'attrezzatura dei locali lo esigano per garantire
la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione deve essere
evidenziato.
6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della natura
del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute d'oggetti,
tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire che i lavoratori
non autorizzati possano accedere a dette zone.
7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati
ad accedere alle zone di pericolo.
8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile.
9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio non
devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni tali
da rendere sicuro il movimento ed il transito delle persone e dei mezzi di trasporto.
10. I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolano
la normale circolazione.
11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente eliminare
dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo per
i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli ostacoli devono
essere adeguatamente segnalati.".
4. L'intestazione del Titolo II del decreto del presidente della repubblica 19
marzo 1956, n. 303, é sostituita dalla seguente:
"titolo II Disposizioni particolari".
5. Nell'art. 6, primo comma, del decreto del presidente della repubblica 19 marzo
1956, n. 303, dopo le parole "da destinarsi al lavoro nelle aziende"
é soppressa la parola "industriali".
6. L'art. 9 del decreto del presidente della repubblica 19 marzo 1956, n. 303,
é sostituito dal seguente:
"art. 9 (aerazione dei luoghi di lavoro chiusi). -
1. Nei luoghi di lavoro chiusi, é necessario far sì che tenendo conto dei metodi
di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano
di aria salubre in quantità sufficiente.
2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre mantenuto
funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di controllo,
quando ciò é necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori.
3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di ventilazione
meccanica, essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a
correnti d'aria fastidiosa.
4. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato
per la salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria respirata deve
essere eliminato rapidamente.".
7. L'art. 11 del decreto del presidente della repubblica 19 marzo 1956, n. 303,
é sostituito dal seguente:
"art. 11 (temperatura dei locali). - 1. La temperatura nei locali di lavoro
deve essere adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto
dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori.
2. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto
della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità ed il
movimento dell'aria concomitanti.
3. La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di sorveglianza,
dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso deve essere
conforme alla destinazione specifica di questi locali.
4. Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da evitare
un soleggiamento eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo di attività
e della natura del luogo di lavoro.
5. Quando non é conveniente modificare la temperatura di tutto l'ambiente, si
deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o
troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione.".
8. L'art. 10 del decreto del presidente della repubblica 19 marzo 1956, n. 303,
é sostituito dal seguente:
"art. 10 (illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro). 1.
I luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale ed essere dotati
di dispositivi che consentono un'illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare
la sicurezza, la salute e il benessere di lavoratori.
2. Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di circolazione
devono essere installati in modo che il tipo d'illuminazione previsto non rappresenta
un rischio di infortunio per i lavoratori.
3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi
in caso di guasto dell'illuminazione artificiale, devono disporre di un'illuminazione
di sicurezza di sufficiente intensità.
4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione artificiale devono
essere tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e di efficienza.".
9. L'art. 7 del decreto del presidente della repubblica 19 marzo 1956, n. 303,
é sostituito dal seguente:
"art. 7 (pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale
e marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico). - 1. A meno che non sia richiesto
diversamente dalle necessità della lavorazione, é vietato adibire a lavori continuativi
i locali chiusi i che non rispondono alle seguenti condizioni:
a) essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un isolamento
termico sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e dell'attività fisica dei
lavoratori;
b) avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria;
c) essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidità;
d) avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti tali da poter
essere pulite e deterse per ottenere condizioni adeguate di igiene.
2. I pavimenti dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità o piani
inclinati pericolosi, devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli.
3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento sostanze
putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie unita ed impermeabile
e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi verso i punti di raccolta
e scarico.
4. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si mantiene
bagnato, esso deve essere munito in permanenza di palchetti o di graticolato,
se i lavoratori non sono forniti di idonee calzature impermeabili.
5. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti dei locali di
lavoro devono essere a tinta chiara.
6. Le pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti completamente
vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e delle vie di circolazione,
devono essere chiaramente segnalate e costituite da materiali di sicurezza ovvero
essere separate dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione succitati, in
modo tale che i lavoratori non possono entrare in contatto con le pareti, né essere
feriti qualora esse vadano in frantumi.
7. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter essere
aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in tutta sicurezza. Quando sono
aperti essi devono essere posizionati in modo da non costituire un pericolo per
i lavoratori.
8. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con l'attrezzatura
o dotati di dispositivi che consentono la loro pulitura senza rischi per i lavoratori
che effettuano tale lavoro nonché per i lavoratori presenti nell'edificio ed intorno
ad esso.
9. L'accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente resistenti
può essere autorizzato soltanto se sono fornite attrezzature che permettono di
eseguire il lavoro in tutta sicurezza.
10. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in piena sicurezza, devono
essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza e devono possedere dispositivi
di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili.
11. Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni dei carichi
trasportati.
12. Le banchine di carico devono disporre di almeno un'uscita. Ove é tecnicamente
possibile, le banchine di carico che superano m 25,0 di lunghezza devono disporre
di un'uscita a ciascuna estremità.
13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da evitare che i lavoratori
possono cadere.".
10. L'art. 14 del decreto del presidente della repubblica 19 marzo 1956, n. 303,
é sostituito dal seguente:
"art. 14 (locali di riposo). - 1. Quando la sicurezza e la salute dei lavoratori,
segnatamente a causa del tipo di attività, lo richiedono, i lavoratori devono
poter disporre di un locale di riposo facilmente accessibile.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il personale lavora
in uffici o in analoghi locali di lavoro che offrono equivalenti possibilità di
riposo durante la pausa.
3. I locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere dotati di
un numero di tavoli e sedili con schienale in funzione del numero dei lavoratori.
4. Nei locali di riposo si devono adottare misure adeguate per la protezione dei
non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.
5. Quando il tempo di lavoro é interrotto regolarmente e frequentemente e non
esistono locali di riposo, devono essere messi a disposizione del personale altri
locali affinché questi possa soggiornarvi durante l'interruzione del lavoro nel
caso in cui la sicurezza o la salute dei lavoratori lo esige. In detti locali
é opportuno prevedere misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro
gli inconvenienti del fumo.
6. L'organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori continuativi, il
datore di lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare stando a sedere ogni qualvolta
ciò non pregiudica la normale esecuzione del lavoro.
7. Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di riposarsi
in posizione distesa e in condizioni appropriate.".
11. L'art. 40 del decreto del presidente della repubblica 19 marzo 1956, n. 303,
é sostituito dal seguente:
"art. 40 (spogliatoi e armadi per il vestiario). - 1. Locali appositamente
destinati a spogliatoi devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando
questi devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di
salute o di decenza non si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali.
2. Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente arredati.
3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente, essere
possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben difesi dalle
intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili.
4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono a ciascun
lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro.
5. Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con sviluppo
di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose od incrostanti, nonché
in quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive od infettanti o comunque
pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separati da quelli
per gli indumenti privati.
6. Qualora non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve poter disporre delle
attrezzature di cui al comma 4 per poter riporre i propri indumenti.".
12. Gli articoli 37 e 39 del decreto del presidente della repubblica 19 marzo
1956, n. 303, sono sostituiti dai seguenti:
"art. 37 (docce e lavabi). - 1. Docce sufficienti ed appropriate devono essere
messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità
lo esigono.
2. Devono essere previsti locali per le docce separati per uomini e donne o un'utilizzazione
separata degli stessi. Le docce o i lavabi e gli spogliatoi devono comunque facilmente
comunicare tra loro.
3. I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per permettere a ciascun
lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate di igiene.
4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi detergenti
e per asciugarsi.
5. Devono essere previsti lavabi separati per uomini e donne ovvero un'utilizzazione
separata dei lavabi, qualora ciò sia necessario per motivi di decenza.
Art. 39 (gabinetti e lavabi). - 1. I lavoratori devono disporre, in prossimità
dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi, delle docce
o lavabi, di locali speciali dotati di un numero sufficiente di gabinetti e di
lavabi, con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti
e per asciugarsi.
2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati.".
13. L'art. 11 del decreto del presidente della repubblica 27 aprile 1955, n. 547,
é sostituito dal seguente:
"art. 11 (posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni). - 1.
I posti di lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi contro la caduta
o l'investimento di materiali in dipendenza dell'attività lavorativa.
2. Ove non é possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere adottate altre
misure o cautele adeguate.
3. I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti all'aperto
utilizzati od occupati dai lavoratori durante le loro attività devono essere concepiti
in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli può avvenire in modo
sicuro.
4. Le disposizioni di cui all'art. 7 e le disposizioni sulle vie di circolazione
e zone di pericolo sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali
sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro
fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza
degli impianti dell'impresa, nonché alle banchine di carico.
5. Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo si applicano per
analogia ai luoghi di lavoro esterni.
6. I luoghi di lavoro all'aperto devono essere opportunamente illuminati con luce
artificiale quando la luce del giorno non é sufficiente.
7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto, questi devono essere
strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale che i lavoratori:
a) sono protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro la caduta
di oggetti;
b) non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi, quali
gas, vapori, polveri;
c) possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo o possono
essere soccorsi rapidamente;
d) non possono scivolare o cadere."
14. Le disposizioni di cui al presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo
la pubblicazione del presente decreto nella gazzetta ufficiale della repubblica
italiana.
Titolo III
Uso delle attrezzature di lavoro
Art. 34.
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per:
a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile od impianto
destinato ad essere usato durante il lavoro;
b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa
ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l'impiego,
il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia,
lo smontaggio;
c) zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità di una attrezzatura
di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per
la salute o la sicurezza dello stesso.
Art. 35.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate
al lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza
e della salute.
2. Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per
ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro da parte
dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate
per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte. Inoltre il datore
di lavoro prende le misure necessarie affinché durante l'uso delle attrezzature
di lavoro siano rispettate le disposizioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter.
3. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro prende
in considerazione: a
) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse.
c-bis) i sistemi di comando, che devono essere sicuri anche tenuto conto dei guasti,
dei disturbi e delle sollecitazioni prevedibili in relazione all'uso progettato
dell'attrezzatura.
4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di
lavoro siano:
a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante;
b) utilizzate correttamente;
c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza
ai requisiti di cui all'art. 36 e siano corredate, ove necessario, da apposite
istruzioni d'uso;
c-bis) disposte in maniera tale da ridurre i rischi per gli utilizzatori e per
le altre persone, assicurando in particolare sufficiente spazio disponibile tra
gli elementi mobili e gli elementi fissi o mobili circostanti e che tutte le energie
e sostanze utilizzate o prodotte possano essere addotte o estratte in modo sicuro.
4-bis. Il datore di lavoro provvede affinché nell'uso di attrezzature di lavoro
mobili, semoventi o non semoventi sia assicurato che:
a) vengano disposte e fatte rispettare regole di circolazione per attrezzature
di lavoro che manovrano in una zona di lavoro;
b) vengano adottate misure organizzative atte a evitare che i lavoratori a piedi
si trovino nella zona di attività di attrezzature di lavoro semoventi e comunque
misure appropriate per evitare che, qualora la presenza di lavoratori a piedi
sia necessaria per la buona esecuzione dei lavori, essi subiscano danno da tali
attrezzature;
c) il trasporto di lavoratori su attrezzature di lavoro mobili mosse meccanicamente
avvenga esclusivamente su posti sicuri, predisposti a tale fine, e che, se si
devono effettuare lavori durante lo spostamento, la velocità dell'attrezzatura
sia adeguata;
d) le attrezzature di lavoro mobili, dotate di motore a combustione, siano utilizzate
nelle zone di lavoro soltanto qualora sia assicurata una quantità sufficiente
di aria senza rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
4-ter. Il datore di lavoro provvede affinché nell'uso di attrezzature di lavoro
destinate a sollevare carichi sia assicurato che:
a) gli accessori di sollevamento siano scelti in funzione dei carichi da movimentare,
dei punti di presa, del dispositivo di aggancio, delle condizioni atmosferiche,
nonché tenendo conto del modo e della configurazione dell'imbracatura; le combinazioni
di più accessori di sollevamento siano contrassegnate in modo chiaro per consentire
all'utilizzatore di conoscerne le caratteristiche qualora esse non siano scomposte
dopo l'uso; gli accessori di sollevamento siano depositati in modo tale da non
essere danneggiati o deteriorati;
b) allorché due o più attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi
non guidati sono installate o montate in un luogo di lavoro in modo che i loro
raggi di azione si intersecano, siano prese misure appropriate per evitare la
collisione tra i carichi e gli elementi delle attrezzature di lavoro stesse;
c) i lavori siano organizzati in modo tale che, quando un lavoratore aggancia
o sgancia manualmente un carico, tali operazioni possano svolgersi con la massima
sicurezza e, in particolare, in modo che il lavoratore ne conservi il controllo
diretto o indiretto;
d) tutte le operazioni di sollevamento siano correttamente progettate nonché adeguatamente
controllate ed eseguite al fine di tutelare la sicurezza dei lavoratori; in particolare,
per un carico da sollevare simultaneamente da due o più attrezzature di lavoro
che servono al sollevamento di carichi non guidati, sia stabilita e applicata
una procedura d'uso per garantire il buon coordinamento degli operatori;
e) qualora attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati
non possano trattenere i carichi in caso di interruzione parziale o totale dell'alimentazione
di energia, siano prese misure appropriate per evitare di esporre i lavoratori
ai rischi relativi; i carichi sospesi non devono rimanere senza sorveglianza salvo
il caso in cui l'accesso alla zona di pericolo sia precluso e il carico sia stato
agganciato e sistemato con la massima sicurezza;
f) allorché le condizioni meteorologiche si degradano ad un punto tale da mettere
in pericolo la sicurezza di funzionamento, esponendo così i lavoratori a rischi,
l'utilizzazione all'aria aperta di attrezzature di lavoro che servono al sollevamento
di carichi non guidati sia sospesa e siano adottate adeguate misure di protezione
per i lavoratori e, in particolare, misure che impediscano il ribaltamento dell'attrezzatura
di lavoro.
4-quater. Il datore di lavoro, sulla base della normativa vigente, provvede affinché
le attrezzature di cui all'allegato XIV siano sottoposte a verifiche di prima
installazione o di successiva installazione e a verifiche periodiche o eccezionali,
di seguito denominate "verifiche", al fine di assicurarne l'installazione
corretta e il buon funzionamento.
4-quinquies. I risultati delle verifiche di cui al comma 4-quater sono tenuti
a disposizione dell'autorità di vigilanza competente per un periodo di cinque
anni dall'ultima registrazione o fino alla messa fuori esercizio dell'attrezzatura,
se avviene prima. Un documento attestante l'esecuzione dell'ultima verifica deve
accompagnare le attrezzature di lavoro ovunque queste sono utilizzate.
5. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità
particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro si assicura
che:
a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro è riservato a lavoratori all'uopo incaricati;
b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, il lavoratore interessato
è qualificato in maniera specifica per svolgere tali compiti.
Art. 36.
Disposizioni concernenti le attrezzature di lavoro
1. Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono soddisfare
alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di tutela della sicurezza
e salute dei lavoratori stessi ad esse applicabili.
2. Le modalità e le procedure tecniche delle verifiche seguono il regime giuridico
corrispondente a quello in base al quale l'attrezzatura è stata costruita e messa
in servizio.
3. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri
dell'industria, del commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione
consultiva permanente stabilisce modalità e procedure per l'effettuazione delle
verifiche di cui al comma 2.
4. Nell'art. 52 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente comma: "Se ciò è appropriato
e funzionale rispetto ai pericoli dell'attrezzatura di lavoro e del tempo di arresto
normale, un'attrezzatura di lavoro deve essere munita di un dispositivo di arresto
di emergenza.".
5. Nell'art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, dopo il comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente comma: "Qualora i mezzi
di cui al comma 1 svolgano anche la funzione di allarme essi devono essere ben
visibili ovvero comprensibili senza possibilità di errore.".
6. Nell'art. 374 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, dopo il comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente comma: "Ove per le
apparecchiature di cui al comma 2 è fornito il libretto di manutenzione occorre
prevedere l'aggiornamento di questo libretto.".
7. Nell'art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 18 marzo 1956, n.
303, dopo il comma 2 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: "Un'attrezzatura
che presenta pericoli causati da cadute o da proiezione di oggetti deve essere
munita di dispositivi appropriati di sicurezza corrispondenti a tali pericoli.
Un'attrezzatura di lavoro che comporta pericoli dovuti ad emanazione di gas, vapori
o liquidi ovvero ad emissioni di polvere, deve essere munita di appropriati dispositivi
di ritenuta ovvero di estrazione vicino alla fonte corrispondente a tali pericoli.".
8. Le disposizioni del presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la pubblicazione
del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
8-bis. Il datore di lavoro adegua ai requisiti di cui all'allegato XV, entro il
30 giugno 2001, le attrezzature di lavoro indicate nel predetto allegato, già
messe a disposizione dei lavoratori alla data del 5 dicembre 1998 e non soggette
a norme nazionali di attuazione di direttive comunitarie concernenti disposizioni
di carattere costruttivo, allorché esiste per l'attrezzatura di lavoro considerata
un rischio corrispondente.
8-ter. Fino a che le attrezzature di lavoro di cui al comma 8-bis non vengono
adeguate il datore di lavoro adotta misure alternative che garantiscano un livello
di sicurezza equivalente.
8-quater. Le modifiche apportate alle macchine definite all'art. 1, comma 2, del
decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, a seguito dell'applicazione
delle disposizioni del comma 8- bis, e quelle effettuate per migliorare le condizioni
di sicurezza sempre che non comportino modifiche delle modalità di utilizzo e
delle prestazioni previste dal costruttore, non configurano immissione sul mercato
ai sensi dell'art. 1, comma 3, secondo periodo, del predetto decreto.
Art. 37.
Informazione
1. Il datore di lavoro provvede affinché per ogni attrezzatura di lavoro a disposizione,
i lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni istruzione d'uso
necessaria in rapporto alla sicurezza e relativa:
a) alle condizioni di impiego delle attrezzature anche sulla base delle conclusioni
eventualmente tratte dalle esperienze acquisite nella fase di utilizzazione delle
attrezzature di lavoro;
b) alle situazioni anormali prevedibili.
1-bis. Il datore di lavoro provvede altresì a informare i lavoratori sui rischi
cui sono esposti durante l'uso delle attrezzature di lavoro, sulle attrezzature
di lavoro presenti nell'ambiente immediatamente circostante, anche se da essi
non usate direttamente, nonché sui cambiamenti di tali attrezzature.
2. Le informazioni e le istruzioni d'uso devono risultare comprensibili ai lavoratori
interessati.
Art. 38.
Formazione ed addestramento
1. Il datore di lavoro si assicura che:
a) i lavoratori incaricati di usare le attrezzature di lavoro ricevono una formazione
adeguata sull'uso delle attrezzature di lavoro;
b) i lavoratori incaricati dell'uso delle attrezzature che richiedono conoscenze
e responsabilità particolari di cui all'art. 35, comma 5, ricevono un addestramento
adeguato e specifico che li metta in grado di usare tali attrezzature in modo
idoneo e sicuro anche in relazione ai rischi causati ad altre persone.
Art. 39.
Obblighi dei lavoratori
1. I lavoratori si sottopongono ai programmi di formazione o di addestramento
eventualmente organizzati dal datore di lavoro.
2. I lavoratori utilizzano le attrezzature di lavoro messe a loro disposizione
conformemente all'informazione, alla formazione ed all'addestramento ricevuti.
3. I lavoratori:
a) hanno cura delle attrezzature di lavoro messe a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa;
c) segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi
difetto od inconveniente da essi rilevato nelle attrezzature di lavoro messe a
loro disposizione.
Titolo IV
Uso dei dispositivi di protezione individuale
Art. 40.
Definizioni
1. Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura
destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo
contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante
il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.
2. Non sono dispositivi di protezione individuale:
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati
a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di
polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto stradali;
e) i materiali sportivi;
f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.
Art. 41.
Obbligo di uso
1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o
sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione
collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
Art. 42.
Requisiti dei DPI
1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4 dicembre
1992, n. 475.
2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio
maggiore;
b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
d) poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue necessità.
3. In caso di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di più DPI, questi
devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell'uso simultaneo,
la propria efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.
Art. 43.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati
con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi siano adeguati
ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti
di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
c) valuta, sulla base delle informazioni a corredo dei DPI fornite dal fabbricante
e delle norme d'uso di cui all'art. 45 le caratteristiche dei DPI disponibili
sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli
elementi di valutazione.
2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso di cui all'art. 45,
individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda
la durata dell'uso, in funzione di:
a) entità del rischio;
b) frequenza dell'esposizione al rischio; c) caratteristiche del posto di lavoro
di ciascun lavoratore; d) prestazioni del DPI. 3. Il datore di lavoro fornisce
ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti previsti dall'art. 42 e dal decreto
di cui all'art. 45, comma 2. 4.
Il datore di lavoro:
a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante
la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie;
b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo
casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante;
c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l'uso
di uno stesso DPI da parte di più persone, prende misure adeguate affinché tale
uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;
e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge;
f) rende disponibile nell'azienda ovvero unità produttiva informazioni adeguate
su ogni DPI; g) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno
specifico addestramento circa l'uso corretto e l'utilizzo pratico dei DPI. 5.
In ogni caso l'addestramento è indispensabile:
a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475,
appartenga alla terza categoria;
b) per i dispositivi di protezione dell'udito.
Art. 44.
Obblighi dei lavoratori
1. I lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato
dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell'art. 43, commi
4, lettera g), e 5.
2. I lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all'informazione
e alla formazione ricevute e all'addestramento eventualmente organizzato.
3. I lavoratori:
a) hanno cura dei DPI messi a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.
4. Al termine dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia
di riconsegna dei DPI.
5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o
al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a
loro disposizione.
Art. 45.
Criteri per l'individuazione e l'uso
1. Il contenuto degli allegati III, IV e V costituisce elemento di riferimento
per l'applicazione di quanto previsto all'art. 43, commi 1 e 4.
2. Il ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il ministro
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva
permanente, tenendo conto della natura, dell'attività e dei fattori specifici
di rischio, indica:
a) i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI;
b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorità delle misure
di protezione collettiva, si rende necessario l'impiego dei DPI.
Art. 46.
Norma transitoria
1. Fino alla data del 31 dicembre 1998 e, nel caso di dispositivi di emergenza
destinati all'autosalvataggio in caso di evacuazione, fino al 31 dicembre 2004,
possono essere impiegati:
a) i DPI commercializzati ai sensi dell'art. 15, comma 1, del decreto legislativo
4 dicembre 1992, n. 475;
b) i DPI già in uso alla data di entrata in vigore del presente decreto prodotti
conformemente alle normative vigenti nazionali o di altri paesi della comunità
europea.
Titolo V
Movimentazione manuale dei carichi
Art. 47.
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività che comportano la movimentazione
manuale dei carichi con i rischi, tra l'altro, di lesioni dorso-lombari per i
lavoratori durante il lavoro.
2. Si intendono per:
a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di sostegno
di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare,
deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico che, per le loro caratteristiche
o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano tra l'altro
rischi di lesioni dorso-lombari;
b) lesioni dorso-lombari: lesioni a carico delle strutture osteomiotendinee e
nerveovascolari a livello dorso lombare.
Art. 48.
Obblighi dei datori di lavoro
1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie o ricorre ai
mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità
di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori. 2. Qualora
non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori,
il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi
appropriati o fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre
il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, in base all'allegato
VI.
3. Nel caso in cui la necessità di una movimentazione manuale di un carico ad
opera del lavoratore non può essere evitata, il datore di lavoro organizza i posti
di lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto più possibile sicura e sana.
4. Nei casi di cui al comma 3 il datore di lavoro:
a) valuta, se possibile, preliminarmente, le condizioni di sicurezza e di salute
connesse al lavoro in questione e tiene conto in particolare delle caratteristiche
del carico, in base all'allegato VI;
b) adotta le misure atte ad evitare o ridurre tra l'altro i rischi di lesioni
dorso-lombari, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio,
delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività
comporta, in base all'allegato VI;
c) sottopone alla sorveglianza sanitaria di cui all'art. 16 gli addetti alle attività
di cui al presente titolo.
Art. 49.
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per
quanto riguarda:
a) il peso di un carico;
b) il centro di gravità o il lato più pesante nel caso in cui il contenuto di
un imballaggio abbia una collocazione eccentrica;
c) la movimentazione corretta dei carichi e i rischi che i lavoratori corrono
se queste attività non vengono eseguite in maniera corretta, tenuto conto degli
elementi di cui all'allegato VI.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata, in particolare
in ordine a quanto indicato al comma 1.
Titolo VI
Uso di attrezzature munite di videoterminali
Art. 50.
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività lavorative che comportano
l'uso di attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti:
a) ai posti di guida di veicoli o macchine;
b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto; c) ai sistemi
informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte del pubblico;
d) ai sistemi denominati "portatili" ove non siano oggetto di utilizzazione
prolungata in un posto di lavoro;
e) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature
munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario
all'uso diretto di tale attrezzatura;
f) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.
Art. 51.
Definizioni
1. Ai fini del presente titolo si intende per:
a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di
procedimento di visualizzazione utilizzato;
b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale,
eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, ovvero software
per l'interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse,
comprendenti l'unità a dischi. Il telefono, il modem, la stampante, il supporto
per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché l'ambiente di lavoro immediatamente
circostante;
c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita di videoterminali,
in modo sistematico o abituale, per venti ore settimanali, dedotte le interruzioni
di cui all'articolo 54.
Art. 52.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui all'art.
4, comma 1, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o mentale;
c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati
in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della
combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.
Art. 53.
Organizzazione del lavoro
1. Il datore di lavoro assegna le mansioni e i compiti lavorativi comportanti
l'uso dei videoterminali anche secondo una distribuzione del lavoro che consente
di evitare il più possibile la ripetitività e la monotonia delle operazioni.
Art. 54.
Svolgimento quotidiano del lavoro
1. Il lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno quattro ore consecutive,
ha diritto ad una interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento
di attività.
2. Le modalità di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva
anche aziendale.
3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante l'interruzione di cui
al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici minuti
ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale.
4. Le modalità e la durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente
a livello individuale ove il medico competente ne evidenzi la necessità.
5. É comunque esclusa la cumulabilità delle interruzioni all'inizio ed al termine
dell'orario di lavoro.
6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa della
risposta da parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli effetti,
tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il posto di lavoro.
7. La pausa é considerata a tutti gli effetti parte integrante dell'orario di
lavoro e, come tale, non é riassorbibile all'interno di accordi che prevedono
la riduzione dell'orario complessivo di lavoro.
Art. 55.
Sorveglianza sanitaria
1. I lavoratori prima di essere addetti alle attività di cui al presente titolo,
sono sottoposti ad una visita medica per evidenziare eventuali malformazioni strutturali
e ad un esame degli occhi e della vista effettuati dal medico competente. Qualora
l'esito della visita medica ne evidenzi la necessità, il lavoratore è sottoposto
ad esami specialistici.
2. In base alle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori vengono
classificati in:
a) idonei, con o senza prescrizioni; b) non idonei.
3. I lavoratori sono sottoposti a sorveglianza sanitaria, ai sensi dell'articolo
16.
3-bis. Le visite di controllo sono effettuate con le modalità di cui ai commi
1 e 2.
3-ter. La periodicità delle visite di controllo, fatti salvi i casi particolari
che richiedono una frequenza diversa stabilita dal medico competente, è biennale
per i lavoratori classificati come idonei con prescrizioni e per i lavoratori
che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età; quinquennale negli altri casi.
4. Il lavoratore è sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta, ogni
qualvolta sospetti una sopravvenuta alterazione della funzione visiva, confermata
dal medico competente, oppure ogniqualvolta l'esito della visita di cui ai commi
1 e 3 ne evidenzi la necessità.
5. La spesa relativa alla dotazione di dispositivi speciali di correzione in funzione
dell'attività svolta è a carico del datore di lavoro.
Art. 56.
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per
quanto riguarda:
a) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all'analisi dello stesso
di cui all'art. 52;
b) le modalità di svolgimento dell'attività;
c) la protezione degli occhi e della vista.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare
in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. Il ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il ministro
della sanità, stabilisce con decreto una guida d'uso dei videoterminali.
Art. 57.
Consultazione e partecipazione
1. Il datore di lavoro informa preventivamente i lavoratori e il rappresentante
per la sicurezza dei cambiamenti tecnologici che comportano mutamenti nell'organizzazione
del lavoro, in riferimento alle attività di cui al presente titolo.
Art. 58.
Adeguamento alle norme
1. I posti di lavoro utilizzati successivamente alla data di entrata in vigore
del presente decreto devono essere conformi alle prescrizioni dell'allegato VII.
2. I posti di lavoro utilizzati anteriormente alla data di entrata in vigore del
presente decreto devono essere adeguati a quanto prescritto al comma 1 entro il
1 gennaio 1997.
Art. 59.
Caratteristiche tecniche
1. Con decreto dei ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanità
e dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva
permanente, sono disposti, anche in recepimento di direttive comunitarie, gli
adattamenti di carattere tecnico all'allegato VII in funzione del progresso tecnico,
della evoluzione delle normative e specifiche internazionali oppure delle conoscenze
nel settore delle attrezzature dotate di videoterminali.
Titolo VII
Protezione da agenti cancerogeni mutageni
3. Nelle disposizioni del titolo VII del decreto legislativo 19 settembre 1994,
n. 626, fatta eccezione per gli articoli 61 e 71, dopo le parole: "cancerogeno"
o: "cancerogeni" sono aggiunte, rispettivamente, le seguenti: "o
mutageno" e "o mutageni".
Capo I
Disposizioni generali
Art. 60.
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i
lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni a causa della loro
attività lavorativa.
2. Le norme del presente titolo non si applicano alle attività disciplinate dal
decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 227, capo III.
3. Il presente titolo non si applica ai lavoratori esposti soltanto alle radiazioni
previste dal trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica.
Art. 61.
Definizioni
1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali categorie
cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997,
n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione
di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di
concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie cancerogene
1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n.
52, e 16 luglio 1998, n. 285;
3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato VIII, nonché una
sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto dall'allegato VIII;
b) agente mutageno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione nelle categorie
mutagene 1 o 2, stabiliti dal decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive
modificazioni;
2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al punto 1), quando la concentrazione
di una o più delle singole sostanze risponde ai requisiti relativi ai limiti di
concentrazione per la classificazione di un preparato nelle categorie mutagene
1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n.
52, e 16 luglio 1998, n. 285;
c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione
media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno nell'aria,
rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in relazione ad un
periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato VIII-bis.
Capo II
Obblighi del datore di lavoro
Art. 62.
Sostituzione e riduzione
1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno
o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, sempre che ciò é
tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento che
nelle condizioni in cui viene utilizzato non é o é meno nocivo alla salute e eventualmente
alla sicurezza dei lavoratori.
2. Se non é tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno o mutageno
il datore di lavoro provvede affinché la produzione o l'utilizzazione dell'agente
cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso sempre che ciò é tecnicamente
possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non é tecnicamente possibile il datore di
lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto
al più basso valore tecnicamente possibile. L'esposizione non deve comunque superare
il valore limite dell'agente stabilito nell'allegato VIII-bis.
Art. 63.
Valutazione del rischio
1. Fatto salvo quanto previsto all'art. 62, il datore di lavoro effettua una valutazione
dell'esposizione a agenti cancerogeni o mutageni, i risultati della quale sono
riportati nel documento di cui all'art. 4, comma 2.
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle
lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti
cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione,
della capacità degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di
assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo
stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o
meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita.
La valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso
quello in cui vi è assorbimento cutaneo.
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al
comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente titolo, adattandole
alle particolarità delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato con i seguenti dati:
a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni
o mutageni o di processi industriali di cui all'allegato VIII, con l'indicazione
dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni o mutageni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni o mutageni prodotti
ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni
o mutageni;
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione
individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni o
mutageni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in
occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza
e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione
effettuata.
6. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai dati di cui al comma
4, fermo restando l'obbligo di cui all'art. 9, comma 3.
Art. 64.
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. Il datore di lavoro:
a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie
operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni
non superiori alle necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni o
mutageni in attesa di impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione,
non sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità
predette;
b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere
esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche isolando le lavorazioni in aree
predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi
i segnali "vietato fumare", ed accessibili soltanto ai lavoratori che
debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione.
In dette aree é fatto divieto di fumare;
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi é emissione
di agenti cancerogeni o mutageni nell'aria. Se ciò non é tecnicamente possibile,
l'eliminazione degli agenti cancerogeni o mutageni deve avvenire il più vicino
possibile al punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto
dell'art. 4, comma 5, lettera n). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato
di un adeguato sistema di ventilazione generale;
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per verificare l'efficacia
delle misure di cui alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni
anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di
campionatura e di misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato VIII del
decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature
e degli impianti;
f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare esposizioni
elevate;
g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono conservati, manipolati,
trasportati in condizioni di sicurezza;
h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli
scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti agenti cancerogeni o mutageni,
avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici
etichettati in modo chiaro, netto, visibile;
i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive particolari
per quelle categorie di lavoratori per i quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni
o mutageni presenta rischi particolarmente elevati.
Art. 65.
Misure igieniche
1. Il datore di lavoro:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati ed adeguati;
b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da
riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) provvede affinché i dispositivi di protezione individuale siano custoditi in
luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo
altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi, prima di ogni nuova utilizzazione.
2. É vietato assumere cibi e bevande o fumare nelle zone di lavoro di cui all'art.
64, lettera b).
Art. 66.
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili,
informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione,
i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari
dovuti al fumare;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi
individuali di protezione ed il loro corretto impiego;
e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per
ridurre al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare
in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che
i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e vengono ripetute, con
frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni
cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinché gli impianti, i contenitori,
gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni siano etichettati in maniera
chiaramente leggibile e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le altre indicazioni
devono essere conformi al disposto della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive
modifiche ed integrazioni.
Art. 67.
Esposizione non prevedibile
1. Se si verificano eventi non prevedibili o incidenti che possono comportare
un'esposizione anomala dei lavoratori, il datore di lavoro adotta quanto prima
misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne informa
i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.
2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area interessata, cui possono
accedere soltanto gli addetti agli interventi di riparazione ed ad altre operazioni
necessarie, indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di protezione
delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di lavoro. In ogni
caso l'uso dei dispositivi di protezione non può essere permanente e la sua durata,
per ogni lavoratore, é limitata al minimo strettamente necessario.
3. Il datore di lavoro comunica al più presto all'organo di vigilanza il verificarsi
degli eventi di cui al comma 1 e riferisce sulle misure adottate per ridurre al
minimo le conseguenze.
Art. 68.
Operazioni lavorative particolari
1. Nel caso di determinate operazioni lavorative, come quella di manutenzione,
per le quali, nonostante l'adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente
applicabili, é prevedibile un'esposizione rilevante dei lavoratori addetti, il
datore di lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza:
a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree anche
provvedendo, ove tecnicamente possibile, all'isolamento delle stesse ed alla loro
identificazione mediante appositi contrassegni;
b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione individuale
che devono essere indossati dai lavoratori adibiti alle suddette operazioni.
2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti é in ogni caso
ridotta al minimo compatibilmente con le necessità delle lavorazioni.
Capo III
Sorveglianza sanitaria
Art. 69.
Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche
1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'art. 63 ha evidenziato un
rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza sanitaria. 2. Il datore di
lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive
per singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici
effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore
secondo le procedure dell'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in
modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a tale
esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformità all'art. 63; b) ove sia tecnicamente
possibile, una misurazione della concentrazione dell'agente in aria per verificare
l'efficacia delle misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza
sanitaria cui sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità di sottoporsi
ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività lavorativa.
Art. 70.
Registro di esposizione e cartelle sanitarie
1. I lavoratori di cui all'articolo 69 sono iscritti in un registro nel quale
è riportata, per ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente cancerogeno o mutageno
utilizzato e, ove noto, il valore dell'esposizione a tale agente. Detto registro
è istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite
del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione ed i rappresentanti
per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 69, provvede
ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio, custodita presso
l'azienda o l'unità produttiva sotto la responsabilità del datore di lavoro.
3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su richiesta, le relative
annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e, tramite il
medico competente, i dati della cartella sanitaria e di rischio.
4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia all'Istituto
superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro - ISPESL la cartella sanitaria
e di rischio del lavoratore interessato unitamente alle annotazioni individuali
contenute nel registro e ne consegna copia al lavoratore stesso.
5. In caso di cessazione di attività dell'azienda, il datore di lavoro consegna
il registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio all'ISPESL.
6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle
sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione
del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a quarant'anni dalla cessazione di ogni
attività che espone ad agenti cancerogeni o mutageni.
7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie
e di rischio sono custoditi e trasmessi con salvaguardia del segreto professionale
e del trattamento dei dati personali.
8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti cancerogeni,
oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed all'organo di vigilanza
competente per territorio, e comunica loro ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta
i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanità copia del registro
di cui al comma 1;
c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna copia del registro
di cui al comma 1 all'organo di vigilanza competente per territorio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attività
con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro chiede all'ISPESL
copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1,
nonché copia della cartella sanitaria e di rischio, qualora il lavoratore non
ne sia in possesso ai sensi del comma 4.
9. I modelli e le modalità di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e
di rischio sono determinati con decreto del Ministro della sanità, di concerto
con i Ministri per la funzione pubblica e del lavoro e della previdenza sociale,
sentita la commissione consultiva permanente.
10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi
al contenuto dei registri di cui al comma 1 ed a richiesta li rende disponibili
alle regioni.
Art. 71.
Registrazione dei tumori
1. I medici, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli istituti previdenziali
assicurativi pubblici o privati, che refertano casi di neoplasie da loro ritenute
causate da esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni, trasmettono all'ISPESL
copia della relativa documentazione clinica ovvero anatomopatologica e quella
inerente l'anamnesi lavorativa.
2. L'ISPESL realizza, nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio, sistemi
di monitoraggio dei rischi cancerogeni di origine professionale utilizzando i
flussi informativi di cui al comma 1, le informazioni raccolte dai sistemi di
registrazione delle patologie attivi sul territorio regionale, nonché i dati di
carattere occupazionale, anche a livello nominativo, rilevati nell'ambito delle
rispettive attività istituzionali dall'Istituto nazionale della previdenza sociale
- INPS, dall'Istituto nazionale di statistica - ISTAT, dall'Istituto nazionale
per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro - INAIL e da altre istituzioni
pubbliche.
L'ISPESL rende disponibile al Ministero della sanità ed alle regioni i risultati
del monitoraggio con periodicità annuale.
3. Con decreto dei ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale,
sentita la commissione consultiva permanente, sono determinate le caratteristiche
dei sistemi informativi che, in funzione del tipo di neoplasia accertata, ne stabiliscono
la raccolta, l'acquisizione, l'elaborazione e l'archiviazione, nonché le modalità
di registrazione di cui al comma 2, e le modalità di trasmissione di cui al comma
1.
4. Il ministero della sanità fornisce, su richiesta, alla commissione ce, informazioni
sulle utilizzazioni dei dati del registro di cui al comma 1.
Art. 72.
Adeguamenti normativi
1. La Commissione consultiva tossicologica nazionale individua periodicamente
le sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione che, pur non
essendo classificate ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52,
rispondono ai criteri di classificazione ivi stabiliti e fornisce consulenza ai
Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, su richiesta,
in tema di classificazione di agenti chimici pericolosi.
2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanità,
sentita la commissione consultiva permanente e la Commissione consultiva tossicologica
nazionale:
a) sono aggiornati gli allegati VIII e VIII-bis in funzione del progresso tecnico,
dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle
conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o mutageni;
b) è pubblicato l'elenco delle sostanze in funzione dell'individuazione effettuata
ai sensi del comma 1.
Titolo VIII
Capo I
Art. 73.
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle
quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici.
2. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento delle norme comunitarie
sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati e sull'emissione
deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati. Il comma 1 dell'art.
7 del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, è soppresso.
Art. 74.
Definizioni
1. Ai sensi del presente titolo si intende per:
a) agente biologico: qualsiasi microrganismo anche se geneticamente modificato,
coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie
o intossicazioni;
b) microrganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado
di riprodursi o trasferire materiale genetico;
c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule derivate
da organismi pluricellulari.
Art. 75.
Classificazione degli agenti biologici
1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del
rischio di infezione:
a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di
causare malattie in soggetti umani;
b) agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti
umani e costituire un rischio per i lavoratori;
É poco probabile che si propaga nella comunità; sono di norma disponibili efficaci
misure profilattiche o terapeutiche;
c) agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in
soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l'agente biologico
può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche
o terapeutiche;
d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare malattie
gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può
presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili,
di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
2. Nel caso in cui l'agente biologico oggetto di classificazione non può essere
attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i due gruppi sopraindicati, esso
va classificato nel gruppo di rischio più elevato tra le due possibilità.
3. L'allegato XI riporta l'elenco degli agenti biologici classificati nei gruppi
2, 3, 4.
Art. 76.
Comunicazione
1. Il datore di lavoro che intende esercitare attività che comportano uso di agenti
biologici dei gruppi 2 o 3, comunica all'organo di vigilanza territorialmente
competente le seguenti informazioni, almeno 30 giorni prima dell'inizio dei lavori:
a) il nome e l'indirizzo dell'azienda e il suo titolare;
b) il documento di cui all'art. 78, comma 5.
2. Il datore di lavoro che é stato autorizzato all'esercizio di attività che comporta
l'utilizzazione di un agente biologico del gruppo 4 é tenuto alla comunicazione
di cui al comma 1.
3. Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogni qualvolta si verificano
nelle lavorazioni mutamenti che comportano una variazione significativa del rischio
per la salute sul posto di lavoro, o, comunque, ogni qualvolta si intende utilizzare
un nuovo agente classificato dal datore di lavoro in via provvisoria.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle informazioni di cui al comma
1.
5. Ove le attività di cui al comma 1 comportano la presenza di microrganismi geneticamente
modificati appartenenti al gruppo II, come definito all'art. 4 del decreto legislativo
3 marzo 1993, n. 91, il documento di cui al comma 1, lettera b), é sostituito
da copia della documentazione prevista per i singoli casi di specie dal predetto
decreto.
6. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono tenuti alla comunicazione
di cui al comma 1 anche per quanto riguarda gli agenti biologici del gruppo 4.
Art. 77.
Autorizzazione
1. Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell'esercizio della propria attività,
un agente biologico del gruppo 4 deve munirsi di autorizzazione del ministero
della sanità.
2. La richiesta di autorizzazione é corredata da:
a) le informazioni di cui all'art. 76, comma 1;
b) l'elenco degli agenti che si intende utilizzare.
3. L'autorizzazione é rilasciata dal ministero della sanità sentito il parere
dell'istituto superiore di sanità. Essa ha la durata di 5 anni ed é rinnovabile.
L'accertamento del venir meno di una delle condizioni previste per l'autorizzazione
ne comporta la revoca.
4. Il datore di lavoro in possesso dell'autorizzazione di cui al comma 1 informa
il ministero della sanità di ogni nuovo agente biologico del gruppo 4 utilizzato,
nonché di ogni avvenuta cessazione di impiego di un agente biologico del gruppo
4.
5. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono esentati dagli adempimenti
di cui al comma 4.
6. Il ministero della sanità comunica all'organo di vigilanza competente per territorio
le autorizzazioni concesse e le variazioni sopravvenute nell'utilizzazione di
agenti biologici del gruppo 4. Il ministero della sanità istituisce ed aggiorna
un elenco di tutti gli agenti biologici del gruppo 4 dei quali é stata comunicata
l'utilizzazione sulla base delle previsioni di cui ai commi 1 e 4.
Capo II
Obblighi del datore di lavoro
Art. 78.
Valutazione del rischio
1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui all'art. 4, comma
1, tiene conto di tutte le informazioni disponibili relative alle caratteristiche
dell'agente biologico e delle modalità lavorative, ed in particolare:
a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare
un pericolo per la salute umana quale risultante dall'allegato XI o, in assenza,
di quella effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili
e seguendo i criteri di cui all'art. 75, commi 1 e 2;
b) dell'informazione sulle malattie che possono essere contratte; c
) dei potenziali effetti allergici e tossici;
d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto un lavoratore, che
è da porre in correlazione diretta all'attività lavorativa svolta;
e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autorità sanitaria competente
che possono influire sul rischio; f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti
biologici utilizzati.
2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi microbiologica, ed adotta,
in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive di cui al
presente titolo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in
occasione di modifiche dell'attività lavorativa significative ai fini della sicurezza
e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione
effettuata.
4. Nelle attività, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell'allegato
IX, che, pur non comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici,
possono implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore
di lavoro può prescindere dall'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli
80, 81, commi 1 e 2, 82, comma 3, e 86, qualora i risultati della valutazione
dimostrano che l'attuazione di tali misure non è necessaria.
5. Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato dai seguenti dati:
a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di esposizione
ad agenti biologici;
b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a);
c) le generalità del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai
rischi;
d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonché le misure preventive e
protettive applicate;
e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i rischi
di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di
un difetto nel contenimento fisico.
6. Il rappresentante per la sicurezza è consultato prima dell'effettuazione della
valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso anche ai dati di cui al comma 5.
Art. 79.
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. In tutte le attività per le quali la valutazione di cui all'art. 78 evidenzia
rischi per la salute dei lavoratori il datore di lavoro attua misure tecniche,
organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti
biologici.
2. In particolare, il datore di lavoro:
a) evita l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo di attività lavorativa
lo consente;
b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al rischio
di agenti biologici;
c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;
d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di protezione individuali
qualora non sia possibile evitare altrimenti l'esposizione;
e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la propagazione accidentale
di un agente biologico fuori dal luogo di lavoro;
f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato nell'allegato x, e altri
segnali di avvertimento appropriati;
g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare campioni di origine
umana ed animale;
h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;
i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro al di fuori del
contenimento fisico primario, se necessario o tecnicamente realizzabile;
l) predispone i mezzi necessari per la raccolta, l'immagazzinamento e lo smaltimento
dei rifiuti in condizioni di sicurezza, mediante l'impiego di contenitori adeguati
ed identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento dei rifiuti stessi;
m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto in condizioni di sicurezza
di agenti biologici all'interno del luogo di lavoro.
Art. 80.
Misure igieniche
1. In tutte le attività nelle quali la valutazione di cui all'art. 78 evidenzia
rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro assicura che:
a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati provvisti di docce con
acqua calda e fredda, nonché, se del caso, di lavaggi oculari e antisettici per
la pelle;
b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od altri indumenti idonei,
da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) i dispositivi di protezione individuale siano controllati, disinfettati e puliti
dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli
difettosi prima dell'utilizzazione successiva;
d) gli indumenti di lavoro e protettivi che possono essere contaminati da agenti
biologici vengano tolti quando il lavoratore lascia la zona di lavoro, conservati
separatamente dagli altri indumenti, disinfettati, puliti e, se necessario, distrutti.
2. É vietato assumere cibi o bevande e fumare nelle aree di lavoro in cui c'é
rischio di esposizione.
Art. 81.
Misure specifiche per le strutture sanitarie e veterinarie
1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie, in sede di valutazione
dei rischi, presta particolare attenzione alla possibile presenza di agenti biologici
nell'organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi campioni e residui
e al rischio che tale presenza comporta in relazione al tipo di attività svolta.
2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore di lavoro definisce
e provvede a che siano applicate procedure che consentono di manipolare, decontaminare
ed eliminare senza rischi per l'operatore e per la comunità, i materiali ed i
rifiuti contaminati.
3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali che sono, o potrebbero
essere, contaminati da agenti biologici del gruppo 3 o del gruppo 4, le misure
di contenimento da attuare per ridurre al minimo il rischio di infezione sono
indicate nell'allegato XII.
Art. 82.
Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XI, punto 6, nei
laboratori comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 a fini di
ricerca, didattici o diagnostici, e nei locali destinati ad animali da laboratorio
deliberatamente contaminati con tali agenti, il datore di lavoro adotta idonee
misure di contenimento in conformità all'allegato XII.
2. Il datore di lavoro assicura che l'uso di agenti biologici sia eseguito:
a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di contenimento,
se l'agente appartiene al gruppo 2;
b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di contenimento, se
l'agente appartiene al gruppo 3;
c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di contenimento,
se l'agente appartiene al gruppo 4.
3. Nei laboratori comportanti l'uso di materiali con possibile contaminazione
da agenti biologici patogeni per l'uomo e nei locali destinati ad animali da esperimento,
possibili portatori di tali agenti, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti
almeno a quelle del secondo livello di contenimento.
4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di agenti biologici non ancora
classificati, ma il cui uso può far sorgere un rischio grave per la salute dei
lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del
terzo livello di contenimento.
5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il ministero della sanità, sentito
l'istituto superiore di sanità, può individuare misure di contenimento più elevate.
Art. 83.
Misure specifiche per i processi industriali
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XI, punto 6, nei
processi industriali comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4,
il datore di lavoro adotta misure opportunamente scelte tra quelle elencate nell'allegato
XIII, tenendo anche conto dei criteri di cui all'art. 82, comma 2.
2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cui uso può far sorgere
un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure
corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
Art. 84.
Misure di emergenza
1. Se si verificano incidenti che possono provocare la dispersione nell'ambiente
di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4, i lavoratori devono abbandonare
immediatamente la zona interessata, cui possono accedere soltanto quelli addetti
ai necessari interventi, con l'obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione.
2. Il datore di lavoro informa al più presto l'organo di vigilanza territorialmente
competente, nonché i lavoratori ed il rappresentante per la sicurezza, dell'evento,
delle cause che lo hanno determinato e delle misure che intende adottare, o che
ha già adottato, per porre rimedio alla situazione creatasi.
3. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o
al preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo all'uso di agenti biologici.
Art. 85.
Informazioni e formazione
1. Nelle attività per le quali la valutazione di cui all'art. 78 evidenzia rischi
per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla
base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare
per quanto riguarda:
a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e dei dispositivi di protezione
individuale ed il loro corretto impiego;
e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti biologici del gruppo
4;
f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure da adottare per
ridurne al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare
in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che
i lavoratori siano adibiti alle attività in questione, e ripetute, con frequenza
almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni
cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibile cartelli su cui
sono riportate le procedure da seguire in caso di infortunio od incidente.
Capo III
Sorveglianza sanitaria
Art. 86.
Prevenzione e controllo
1. I lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazione dei rischi ha
evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure
protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari
individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali:
a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono
già immuni all'agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a
cura del medico competente;
b) l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell'art. 8
del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
2-bis. Ove gli accertamenti sanitari abbiamo evidenziato, nei lavoratori esposti
in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di anomalia imputabile a tale
esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
2-ter. A seguito dell'informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro effettua
una nuova valutazione del rischio in conformità all'art. 78.
2-quater. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul
controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti
sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che comporta rischio di esposizione
a particolari agenti biologici individuati nell'allegato XI, nonché sui vantaggi
ed inconvenienti della vaccinazione e della non vaccinazione.
Art. 87.
Registri degli esposti e degli eventi accidentali
1. I lavoratori addetti ad attività comportanti uso di agenti del gruppo 3 ovvero
4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati, per ciascuno di essi, l'attività
svolta, l'agente utilizzato e gli eventuali casi di esposizione individuale.
2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui al comma 1 e
ne cura la tenuta tramite il medico competente. Il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione e il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a
detto registro.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto superiore di sanità,
all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo
di vigilanza competente per territorio, comunicando ad essi, ogni tre anni e comunque
ogni qualvolta questi ne fanno richiesta, le variazioni intervenute;
b) comunica all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e
all'organo di vigilanza competente per territorio la cessazione del rapporto di
lavoro dei lavoratori di cui al comma 1 fornendo al contempo l'aggiornamento dei
dati che li riguardano e consegna al medesimo Istituto le relative cartelle sanitarie
e di rischio;
c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna all'Istituto superiore
di sanità e all'organo di vigilanza competente per territorio, copia del registro
di cui al comma 1 e all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul
lavoro copia del medesimo registro nonché le cartelle sanitarie e di rischio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitato attività che comportano
rischio di esposizione allo stesso agente richiede all'ISPESL copia delle annotazioni
individuali contenute nel registro di cui al comma 1, nonché copia della cartella
sanitaria e di rischio;
e) tramite il medico competente comunica ai lavoratori interessati le relative
annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e nella cartella
sanitaria e di rischio ed al rappresentante per la sicurezza i dati collettivi
anonimi contenuti nel registro di cui al comma 1.
4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle
sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro fino a risoluzione
del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a dieci anni dalla cessazione di ogni
attività che espone ad agenti biologici. Nel caso di agenti per i quali è noto
che possono provocare infezioni consistenti o latenti o che danno luogo a malattie
con recrudescenza periodica per lungo tempo o che possono avere gravi sequele
a lungo termine tale periodo è di quaranta anni.
5. La documentazione di cui ai precedenti commi è custodita e trasmessa con salvaguardia
del segreto professionale.
6. I modelli e le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1 e delle cartelle
sanitarie e di rischio sono determinati con decreto del Ministro della sanità
e del lavoro e della previdenza sociale sentita la commissione consultiva permanente.
7. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi
alle risultanze del registro di cui al comma 1.
Art. 88.
Registro dei casi di malattia e di decesso
1. Presso l'ISPESL é tenuto un registro dei casi di malattia ovvero di decesso
dovuti all'esposizione ad agenti biologici.
2. I medici, nonché le strutture sanitarie, pubbliche o private, che refertano
i casi di malattia, ovvero di decesso di cui al comma 1, trasmettono all'ISPESL
copia della relativa documentazione clinica.
3. Con decreto dei ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale,
sentita la commissione consultiva, sono determinati il modello e le modalità di
tenuta del registro di cui al comma 1, nonché le modalità di trasmissione della
documentazione di cui al comma 2.
4. Il ministero della sanità fornisce alla commissione ce, su richiesta, informazioni
su l'utilizzazione dei dati del registro di cui al comma 1.
Titolo IX
Sanzioni
Art. 89.
Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti
1. Il datore di lavoro e ' punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda
da lire tre milioni a otto milioni per la violazione degli articoli 4, commi 2,
4, lettera a), 6, 7 e 11, primo periodo; 63, commi 1, 4 e 5; 69, comma 5, lettera
a); 78, commi 3 e 5; 86, comma 2-ter.
2. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire
otto milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere b), d), e),
h), l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e) e 4; 15, comma 1; 22,
commi 1 a 5; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4, 4-bis,
4-ter, 4-quater e 5; 36, comma 8-ter; 38; 41; 43, commi 3, 4, lettere a), b),
d) e g) e 5; 48; 49, comma 2; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 56, comma 2;
58; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 66, comma 2; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi
1, 2 e 5, lettera b); 77, comma 1; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e
3; 82; 85, comma 2; 86, commi 1 e 2;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire
cinque milioni per la violazione degli articoli 4, commi 4, lettere b) e c), 5,
lettere c), f), g), i), m) e p); 7, commi 1 e 3; 9, comma 2; 10; 12, comma 1,
lettere a), b) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56,
comma 1; 57; 66, commi 1 e 4; 67, comma 3; 70, comma 1; 76, commi 1, 2 e 3; 77,
comma 4; 84, comma 2; 85, commi 1 e 4; 87, commi 1 e 2.
3. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti con la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire un milione a lire sei milioni per la violazione degli articoli
4, commi 5, lettera o), e 8; 8, comma 11; 11; 70, commi 2 e 3, 4, 5, 6 e 8; 87,
commi 3 e 4.
Art. 90.
Contravvenzioni commesse dai preposti
1. I preposti sono puniti:
a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire
due milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h),
l), n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e), e 4; 15, comma 1; 30,
commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4, 4-bis, 4-ter e 4-quater,
41; 43, commi, 3, 4, lettere a), b) e d); 48; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3
e 4; 58; 62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1 e
2; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 86, commi 1 e 2;
b) con l'arresto sino a un mese o con l'ammenda da lire trecentomila a lire un
milione per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere c), f), g), i) e
m); 7, commi 1, lettera b), e 3; 9, comma 2; 12, comma 1, lettere a) e c); 21;
37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 66, commi
1 e 4; 85, commi 1 e 4.
Art. 91.
Contravvenzioni commesse dai progettisti, dai fabbricanti e dagli installatori
1. La violazione dell'art. 6, comma 2, è punita con l'arresto fino a sei mesi
o con l'ammenda da lire quindici milioni a lire sessanta milioni.
2. La violazione dell'art. 6, commi 1 e 3, è punita con l'arresto fino ad un mese
o con l'ammenda da lire seicentomila a lire due milioni.
Art. 92.
Contravvenzioni commesse dal medico competente
1. Il medico competente è punito:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire sei
milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere b), d), h) e l);
69, comma 4; 86, comma 2-bis;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire
tre milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere e), f), g) ed
i), nonché del comma 3,e 70, comma 2.
Art. 93.
Contravvenzioni commesse dai lavoratori
1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire quattrocentomila a lire
un milione e duecentomila per la violazione degli articoli 5, comma 2; 12, comma
3, primo periodo; 39; 44; 84, comma 3;
b) con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da lire duecentomila a
lire seicentomila per la violazione degli articoli 67, comma 2; 84, comma 1.
Art. 94.
Violazioni amministrative
1. Chiunque viola le disposizioni di cui agli articoli 65, comma 2, e 80,comma
2, é punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire centomila a lire
trecentomila.
Titolo X
Disposizioni transitorie e finali
Art. 95.
Norma transitoria
1. In sede di prima applicazione del presente decreto e comunque non oltre il
31 dicembre 1996 il datore di lavoro che intende svolgere direttamente i compiti
di prevenzione e protezione dai rischi é esonerato dalla frequenza del corso di
formazione di cui al comma 2 dell'art. 10, ferma restando l'osservanza degli adempimenti
previsti dal predetto art. 10, comma 2, lettere a), b) e c).
Art. 96.
Decorrenza degli obblighi di cui all'art. 4
1. É fatto obbligo di adottare le misure di cui all'art. 4 nel termine di dodici
mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 96-bis.
Attuazione degli obblighi.
1. Il datore di lavoro che intraprende un'attività lavorativa di cui all'art.
1 è tenuto a elaborare il documento di cui all'art. 4, comma 2, del presente decreto
entro tre mesi dall'effettivo inizio dell'attività.
Art. 97.
Obblighi d'informazione
1. Il ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette alla commissione:
a) il testo delle disposizioni di diritto interno adottate nel settore della sicurezza
e della salute dei lavoratori durante il lavoro;
b) ogni cinque anni, una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni
dei titoli I, II, III e IV;
c) ogni quattro anni, una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni
dei titoli V e VI.
2. Le relazioni di cui al comma 1 sono trasmesse anche alle commissioni parlamentari.
Art. 98.
Norma finale
1. Restano in vigore, in quanto non specificatamente modificate dal presente decreto,
le disposizioni vigenti in materia di prevenzione degli infortuni ed igiene del
lavoro.
Il presente decreto, munito del sigillo dello stato, sarà inserito nella raccolta
ufficiale degli atti normativi della repubblica italiana. É fatto obbligo a chiunque
spetti di osservarlo e di farlo osservare. |
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